I sondaggi indicano una netta vittoria dei no (dato al 65%), ma se dovesse vincere il sì al referendum sulla libera circolazione degli europei la Svizzera da domani avrebbe la sua Brexit nella versione più hard possibile. A promuoverlo è stata la destra “sovranista” dell’Unione di centro (Udc), che in Svizzera è il primo partito e ha fatto una campagna infarcita di slogan che ricalcavano quelle dei sostenitori della Brexit inglese.

Il resto dell’arco parlamentare, il governo e persino la Confindustria locale hanno invitato apertamente a votare no, preoccupati dei contraccolpi che la rottura degli accordi con l’Ue possa avere pesanti ripercussioni sulle esportazioni di merci e sull’importazione di manodopera, nonché sui progetti di ricerca e di cooperazione scientifica. A essere spaccata è solo la destra, dove il Partito liberale radicale (Plr), pur avendo preso posizione per il no, in realtà è diviso, con il ministro degli Esteri, l’italo-ticinese Ignazio Cassis, che una settimana fa durante un’iniziativa pubblica ha lisciato il pelo ai “sovranisti”: «La percezione in Ticino dell’accordo sulla libera circolazione continua a essere diversa rispetto a quella di tutta la Svizzera. E questo non è fondamentalmente cambiato in 25 anni».

È proprio in Ticino che si gioca una partita importante per la destra svizzera. Il cantone italiano è l’unico in cui il sì è dato nettamente in vantaggio, sostenuto anche dalla Lega, che da anni conduce campagne contro i quasi 70 mila lavoratori frontalieri dall’Italia, incurante del fatto che durante il lockdown senza gli infermieri italiani gli ospedali non avrebbero funzionato. Una settimana fa, all’Università di Lugano è arrivato il leader dell’Udc, l’imprenditore miliardario Christoph Blocher, a dire che «chiediamo solo di regolamentare l’immigrazione nel nostro Paese». L’Udc, che ha di recente nominato segretario il ticinese Marco Chiesa, sostiene che con l’Ue ci saranno in futuro nuovi negoziati, ma che la Svizzera non può sostenere il numero di immigrati che ospita attualmente: quasi il 25 per cento degli abitanti (2,1 milioni di persone) sono stranieri, di cui la maggioranza (1,4 milioni) provengono dall’Unione Europea e dal Regno Unito.

Il punto è che, se il referendum dovesse passare, il Consiglio federale svizzero dovrà porre fine all’accordo di libera circolazione con l’Ue entro dodici mesi e, in caso di fallimento dei negoziati, anche gli altri accordi verrebbero sciolti, per via di una cosiddetta «clausola ghigliottina» che farebbe saltare, insieme agli accordi di Schengen, anche quelli sulla circolazione di merci e capitali. Inoltre, rischierebbero più di un problema anche i 460 mila svizzeri che vivono e lavorano in Europa.
Intanto, il referendum ha già creato difficoltà con Bruxelles, portando alla sospensione dei negoziati sull’accordo quadro che punta a regolare i rapporti fra Svizzera e Ue.