La commissaria per gli Affari interni dell’Unione europea, Ylva Johansson, e il ministro degli Interni della Mauritania, Mohamed Ahmed Ould Mohamed Lemine, hanno firmato lo scorso 7 marzo una dichiarazione congiunta non vincolante che avvia il partenariato tra la Ue e il paese africano in materia di migrazione. Dei potenziali effetti che il patto avrà sulle presidenziali mauritane di giugno e gli equilibri nel Sahel abbiamo parlato con Hassan Ould Moctar, ricercatore alla School of Oriental and African Studies di Londra in politiche di esternalizzazione delle frontiere con focus su Africa occidentale e Mauritania.
Ci sono state proteste di sindacati, partiti e movimenti sociali prima e dopo la firma del patto. Nell’opinione pubblica mauritana la reputazione di Bruxelles peggiora
Cosa cambierà in Mauritania dopo l’accordo con l’Ue?
Ufficialmente diminuiranno le partenze dalle coste della Mauritania verso l’Europa. A tal fine, ci sono 210 milioni di euro che dovrebbero sostenere le forze di sicurezza mauritane nel reprimere il traffico e la tratta di esseri umani, e rafforzare le loro capacità di gestione e sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime. S’intende facilitare la migrazione legale per i cittadini mauritani, creare posti di lavoro e sostenere il sistema di asilo nel paese. Tuttavia, ci sono state proteste di sindacati, partiti di opposizione e movimenti sociali indipendenti, prima e dopo la firma del patto. La reputazione dell’Ue comincia a mutare in senso negativo nell’opinione pubblica mauritana. Potrebbe verificarsi un aumento della violenza della polizia contro coloro che giungono in Mauritania dall’Africa occidentale, e potenzialmente anche nei confronti dei cittadini di etnia afro-mauritana, non appartenenti alla classe dominante arabo-berbera Beydan e non considerati «veri mauritani». Questo perché le forze di sicurezza nazionale, addestrate e supervisionate dalla Guardia Civil spagnola, col pretesto di controllare l’immigrazione irregolare, non distinguono chi mira all’Europa da chi, invece, vuole restare in Mauritania. Gli basta ipotizzare che siano «migranti» per riunirli, detenerli e talvolta deportarli.

Chi parte dalla Mauritania e perché?
Sono perlopiù cittadini/e senegalesi, maliani, guineani e partono verso la Spagna per assenza di prospettive future nel paese di origine e/o nella regione, oltre che per aspettative familiari, pressione economica, corruzione, precarietà del lavoro. Spesso sono spinti dall’idea utopistica di un’Europa che offre a prescindere una buona qualità della vita. Bisogna sottolineare, però, che non tutti ambiscono al Vecchio continente: questa è una convinzione europea. Non si comprende che la migrazione è profondamente radicata nella storia e nel tessuto sociale della Mauritania: dopo l’indipendenza dal dominio coloniale francese (nel 1960, ndr), non c’era sufficiente forza-lavoro per le industrie in cui il governo mauritano voleva investire. La maggior parte dei mauritani era, infatti, agricoltore o pastore. Dunque, se da un lato esiste una dimensione razziale nell’appartenenza alla Mauritania, dall’altro c’è una lunga storia di lavoratori migranti dall’Africa occidentale che hanno di fatto costruito lo Stato e contribuito al suo sviluppo economico. E ancora oggi è così.

Ci saranno effetti sulle imminenti presidenziali?
È una bella domanda, perché alle elezioni del 2019, vinte dall’attuale presidente Mohamed Ould Ghazouani, il candidato Biram Deh Abeidi – un attivista contro la schiavitù e in favore della giustizia razziale, ora membro del parlamento e candidato alle elezioni del giugno 2024, arrivò secondo. La sua sconfitta determinò forti proteste e conseguente repressione della polizia, nei quartieri degradati e pesantemente sorvegliati, dove vivono sia gli Haratin – classe arabofona discendente da persone rese schiave – che gli afro-mauritani di lingua wolof, fula e soninké, insieme alle persone che vengono dall’Africa occidentale. Tali classi etniche sperimentano storicamente la discriminazione e l’esclusione, anche se in modi distinti. Considerando il rafforzamento che il presidente Ghazouani (aspirante a un secondo mandato, ndr) e il suo regime hanno ottenuto con il patto Ue-Mauritania, penso che tali questioni torneranno alla ribalta nelle urne.

Qual è lo scenario che si delinea nella regione del Sahel?
Dopo lo spostamento verso la Russia di Mali, Burkina Faso e Niger, credo che un primo cambiamento in termini di migrazione sia avvenuto con l’abrogazione della legge anti-trafficanti “La Valletta” da parte del Niger. Dall’altro lato, è in corso una controinsurrezione nell’ambito del conflitto tra governo centrale e i tuareg del Coordinamento del movimento dell’Azawad (Cma) piuttosto feroce nel nord e centro del Mali che sta causando una crisi degli sfollati. Ho visitato a febbraio il campo profughi di Mbera, nella regione di Hodh Chargui, in Mauritania orientale, dov’è ospitata la maggior parte dei rifugiati maliani . Nei comuni circostanti si vive in condizioni di estrema povertà multidimensionale. Penso che, nonostante l’Ue stringa cinicamente accordi bilaterali, questo non l’aiuterà a ridurre le partenze verso l’Europa.