Al Nazareno parlano di un «braccio di ferro» cominciato martedì sera e finito ieri dopo la ventilata minaccia del Pd di non votare oggi pomeriggio alla Camera la parte della delibera missioni internazionali che riguarda la cosiddetta Guardia costiera libica. Al centro del presunto scontro, che avrebbe rappresentato la prima, seppure piccola, crepa nel rapporto tra il segretario Enrico Letta e il premier Mario Draghi, un emendamento presentato nelle commissioni Esteri e Difesa a firma Lia Quartapelle e Enrico Borghi alla «Scheda 48», quella riguardante per l’appunto l’addestramento della Guardia costiera di Tripoli. Nel testo si chiedeva di «verificare la possibilità che dalla prossima programmazione vi siano le condizioni per superare» la cooperazione con la Guardia costiera.

Niente di particolarmente rivoluzionario, come è facile capire visto che non si pretendeva di interrompere subito, come vorrebbero anche alcuni parlamentari dem, il rapporto con chi riporta i migranti nei centri di detenzione di Tripoli dopo averli intercettati in mare. Tramite il sottosegretario agli Esteri Della Vedova, però, il governo fa sapere che sarebbe meglio una riformulazione più moderata del testo. Richiesta respinta dai due deputati che accantonano momentaneamente l’emendamento ventilando possibili ripercussioni oggi in aula: «Ci comporteremo di conseguenza al momento del voto» avverte Borghi, mentre Quartapelle non esclude la possibilità che il Pd si astenga sulla Scheda 48.

In serata l’accordo, che prevede una formulazione se possibile ancora più moderata della precedente in cui si impegna il governo «a verificare dalla prossima programmazione le condizioni per il superamento della missione» di assistenza alla Guardia costiera libica, trasferendone le funzioni ad altre missioni «per consolidare il ruolo dell’Italia in Libia, razionalizzare la struttura di comando e potenziare il ruolo europeo». Non cambia molto, ma al Nazareno si dicono soddisfatti: «Grazie alla determinazione del Pd – è il commento – si supera di fatto la missione e si pongono le condizioni per un impegno più forte della missione europea Irini a guida italiana per la formazione e l’addestramento delle unità navali libiche preposte al controllo dei confini marittimi». Nel frattempo però si continua come sempre, vale a dire addestrando i guardacoste libici e aggiustando le motovedette con cui poi vanno a bloccare i migranti.

Il compromesso raggiunto non piace a chi, nel partito, sperava in una presa di posizione più decisa. «Siamo passati dalle torture a tempo indeterminato alle torture a tempo determinato» è il commento amaro di Matteo Orfini, uno dei parlamentari dem che da tempo chiedono di troncare ogni rapporto con la Marina libica. «Non posso che fare come l’anno scorso: votare contro – prosegue Orfini -. Ed è incredibile che non faccia lo stesso tutto il Pd. A maggior ragione ora che il governo respinge le timidissime richieste che aveva avanzato».

Alla Camera il voto alla delibera è previsto per oggi pomeriggio e non riserva sorprese, specie dopo l’accordo raggiunto ieri. Tra i dem sono previsti al massimo otto dissidenti. Oltre a Orfini hanno già detto che voteranno contro la «Scheda 48» Laura Boldrini, Barbara Pollastrini e altri cinque deputati. Una trentina di deputati ha invece firmato una risoluzione presentata da Boldrini con il deputato di LeU Erasmo Palazzotto con cui si propone una serie di emendamenti per «non autorizzare il supporto alla Guardia costiera libica e, secondariamente, ad autorizzarlo sospendendone l’operatività fino a quando non ci sarà la revisione definitiva del Memorandum Italia-Libia, non sarà garantito e dimostrato dalle autorità libiche che le persone soccorse in mare non vengono riportate nei centri di detenzione».