Certo, le promesse sono per il 2024e sulla sola Melfi. E non sono fatte da Carlos Tavares. Detto questo, la giornata di ieri è comunque storica perché mai nell’ultimo quindicennio né Fiat, né Fca si erano confrontate insieme con governo e sindacati. La storica richiesta della Fiom, inascoltata da anni, si è realizzata ieri pomeriggio al ministero dello Sviluppo.
Gli interrogativi sono ancora moltissimi. Il primo riguarda la cosiddetta «gigafactory delle batterie elettriche» che dovrebbe essere installata a Torino. E va dato atto al ministro Giorgetti di averli snocciolati con obiettività lasciando trasparire molto meno ottimismo dei sindacati stessi. «È positiva la riaffermazione della vocazione territoriale di Stellantis. Si parte con Melfi, che sarà valorizzata, ma altri aspetti necessitano di una riflessione: in primis non possiamo parlare di una gigafactory senza affrontare la questione fondamentale della scelta sul luogo di produzione delle batterie. Decisione che ancora non è stata presa», ha ammesso Giorgetti che ha parlato apertamente di «momento delicatissimo»: «È importante che ci siano garanzie sull’occupazione e che non ci siano brutte sorprese. Il governo deve capire come gestire questa fase di transizione in cui alcune filiere saranno privilegiate e altre messe a rischio», ha spiegato.
Guardinga infatti è la reazione della Fiom. «L’azienda ha espresso la volontà di aprire un percorso per un confronto con incontri passo per passo a partire da oggi con governo e sindacati per affrontare il cambiamento industriale dell’automotive», scrivono in una nota Francesca Re David e Michele De Palma .
Dunque l’8 luglio Tavares annuncerà che entro il 2030 il 70% dei modelli saranno elettrificati su 4 piattaforme di cui una Maserati e le altre per dimensione.
Nello specifico ieri Stellantis ha annunciato un anticipo del piano industriale del 2024 che riguarderà lo stabilimento di Melfi – il più grande in Italia con oltre 6mila dipendenti, ora in gran parte in “cassa” per mesi – che produrrà 4 nuove vetture multibrand. «L’azienda ha avanzato una proposta di riorganizzazione dello stabilimento – spiega la Fiom – che passerebbe da due ad una linea potenziata riutilizzando gran parte dell’altra linea produttiva». La capacità teorica sarebbe di 400 mila vetture l’anno con una linea di assemblaggio delle batterie con una organizzazione del lavoro a 19 turni e mezzo: novità assoluta per l’Italia. La Fiom ha chiesto «di tenere un confronto che realizzi un accordo quadro nazionale con la partecipazione dei lavoratori che abbia al centro un piano industriale che salvaguardi la capacità installata e che garantisca la tenuta sociale e la continuità occupazionale per i prossimi 5 anni». Sulla gigafactory delle batterie Re David e De Palma sottolineano come «è un punto fondamentale che deve essere rapidamente affrontato insieme agli investimenti su ricerca e sviluppo negli enti centrali e nuovi modelli in grado di garantire il pieno utilizzo e piena occupazione», non dimenticando la necessità di «un sostegno al reddito dei lavoratori in cassa a partire da quelli più fragili e una distribuzione equa del lavoro anche riducendo l’orario con gli strumenti solidali», conclude la Fiom.
Soddisfazione maggiore invece da parte di Fim Cisl e Uilm. «L’azienda ha deciso di anticipare il piano da Melfi, nei prossimi incontri dobbiamo necessariamente poi approfondire tutti gli aspetti di dettaglio rispetto alle efficienze dichiarate ed evitare impatti negativi», spiegano Roberto Benaglia e Ferdinando Uliano della Fim Cisl.
«Noi abbiamo chiesto un unico piano industriale, ma ad oggi non abbiamo ancora una risposta. Ci sono stati punti positivi ma anche incertezze», ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella.