Il giorno dopo quasi non ci si crede. Doveva essere la grande festa del ritorno di Lula, sem medo de ser feliz, e si scopre invece, con molta paura di vedersi sfuggire quella felicità, che il bolsonarismo è stato sottostimato, che è vivo e vegeto, che più del 40% dell’elettorato – malgrado tutto ciò a cui ha assistito in questi quattro anni – ha scelto di puntare ancora sul presidente più impresentabile della storia del Brasile (e sui suoi ministri, parlamentari e governatori).

Nell’entourage di Lula, tuttavia, non c’è spazio per il pessimismo. «Bolsonaro ha perso oggi e perderà il 30 ottobre», ha dichiarato per esempio il presidente della Centrale unica dei lavoratori Sérgio Nobre.

E non si mostra scoraggiato neppure João Pedro Stedile – leader di quel Movimento dei senza Terra che Bolsonaro ha combattuto senza pietà – il quale ci dice che, ne è convinto, la festa è solo rimandata.

C’erano grandi aspettative intorno a una vittoria già al primo turno. Quanto si complica ora la situazione?

Non più di tanto. Lula non ha vinto appena per l’1,7% dei voti e può contare su un vantaggio di 6 milioni di preferenze, malgrado tutte le risorse su cui Bolsonaro ha potuto contare, il denaro distribuito a pioggia, l’incessante campagna di fake news. Sono fiducioso che le energie progressiste presenti nella società brasiliana garantiranno la vittoria di Lula il prossimo 30 ottobre.

Dopo gli orrori di ogni sorta di cui si è reso responsabile, Bolsonaro è stato comunque votato da più del 43% degli elettori. Come è stato possibile?

È perché ha destinato quest’anno 8 miliardi di dollari (44 miliardi di reais) di fondi pubblici ai suoi deputati (il cosiddetto bilancio segreto), i quali li hanno distribuiti ai sindaci affinché potessero finanziare la loro campagna elettorale nei municipi. Questi voti si devono al controllo da parte della destra dei governi statali e degli apparati elettorali, con il solo obiettivo di cercare di impedire il ritorno di Lula.

Credo tuttavia che, mentre il voto per Lula può ancora crescere in diversi stati e tra le fasce più povere, Bolsonaro non abbia più molti margini. Persino il modello dell’agribusiness, malgrado la chiara opzione del governo per il latifondo predatore, si trova diviso, perché una parte, seppur minoritaria, teme che la politica di Bolsonaro finisca per compromettere l’esportazione di materie prime: l’Unione europea, per esempio, vieterà l’ingresso nel proprio mercato di prodotti connessi alla deforestazione. È un settore che vuole cambiamenti.

Il Congresso sarà dominato da forze conservatrici. L’azione di un eventuale governo Lula non ne sarà condizionata?

Non sarà un Congresso più conservatore di quello attuale. Il rapporto di forze resta lo stesso e, se non altro, la sinistra ha aumentato un po’ la propria pattuglia parlamentare. L’impressione che Bolsonaro abbia vinto dipende dal fatto che è il suo partito ad aver intercettato la maggior parte dei voti della destra. È vero che sono stati eletti diversi ex-ministri di Bolsonaro, ma anche il Pt è riuscito a far eleggere vari senatori, soprattutto nel Nordest.

Lula deve ora dar vita a un ampio fronte anti-fascista per conquistare la presidenza. E poi costruire un piano di emergenza per condurre il paese fuori dalle molteplici crisi che lo attraversano.

foto lula
Lula interviene a caldo dopo il voto al primo turno, foto Ap

Come è stata la campagna elettorale? È stato sbagliato qualcosa?

Lula ha fatto la sua parte. È mancata una maggiore determinazione da parte della militanza, al fine di creare un’onda popolare anti-fascista. Nella maggior parte delle capitali il clima era poco acceso, la propaganda scarsa, assenti i dibattiti sul progetto di paese in gioco. Ci aspettiamo che in vista del secondo turno i militanti assumano con più forza il lavoro di base, il compito di andare di casa in casa, di fare propaganda per le strade.

Cosa ha significato per il Mst presentare per la prima volta 15 candidature proprie?

Il Mst ha sempre partecipato alle elezioni, appoggiando vari candidati. La novità è che stavolta, in alcuni stati, vi sono stati dirigenti che si sono sentiti motivati a candidarsi loro stessi, benché, come Mst, si sia fatta campagna anche per molti che non venivano dalle nostre fila.

E il bilancio è stato molto positivo: in tutti gli stati siamo riusciti a far eleggere candidati che godevano del nostro appoggio e, tra i nostri dirigenti, solo due non ce l’hanno fatta. Nel Ceará è stato eletto governatore l’avvocato Elmano de Freitas, che ha sempre assunto la nostra difesa giuridica e politica. Mentre Edegar Preto, figlio di un dirigente storico del Mst, non ha raggiunto il ballottaggio nel Rio Grande do Sul per appena 2.500 voti. Nel Pernambuco, invece, la nostra candidata Rosa Amorim, una giovane di 25 anni nera e lesbica, è stata eletta deputata statale.

Bolsonaro vi ha combattuto fin dall’inizio. Come avete resistito?

Il governo ha dichiarato guerra all’intera agricoltura familiare, negandole qualsiasi forma di sostegno e mettendo un punto sulla riforma agraria. Il risultato è stato l’aumento del prezzo degli alimenti e il ritorno della fame e della disoccupazione. Il Mst, in ogni caso, continua a resistere. Non abbiamo conquistato nessuna area per la riforma agraria, ma abbiamo continuato a produrre alimenti sani, adottando l’agroecologia e promuovendo le nostre cooperative agricole. E la società è con noi e ci protegge dalla repressione. Bolsonaro, insomma, non ha potuto distruggere il movimento come aveva annunciato quattro anni fa.