Due giorni di mobilitazione nazionale per difendere la democrazia e permettere a Bernardo Arévalo di diventare presidente del Guatemala il 14 gennaio. Venerdì 3 e sabato 4 novembre i movimenti indigeni e ancestrali sono tornati nella capitale in migliaia e con loro studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici che vogliono il rispetto del risultato uscito dalle urne l’estate appena passata e per la lotta alla corruzione. Nuovamente i movimenti urbani si sono aggiunti a quelli indigeni senza pretendere di prendere la leadership della protesta.

Continua così l’anomala mobilitazione guatemalteca che dal 2 ottobre scuote la capitale e il paese tutto. Dopo quasi 30 giorni giorni di sciopero e di blocchi stradali la mobilitazione si era ritirata, ma tra martedì e giovedì il Tribunale supremo elettorale (Tse) ha deciso di chiudere il periodo elettorale, nonostante la piazza chiedesse di estenderlo al 15 gennaio garantendo l’immunità a partiti e candidati, e quindi sospendere la personalità giuridica del Movimento Semilla, il partito del presidente eletto.

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Immediatamente i popoli indigeni e ancestrali hanno deciso di riprendere le manifestazioni e la strada. Luz Emilia Ulario Zavala, sindaca indigena di Santa Lucía Utatlán, ha sottolineato che si tratta di una rivoluzione «con le verghe, non con le pallottole», in riferimento ai bastoni portati dalle autorità ancestrali e indigene. Una delle principali richieste continua a essere la cacciata della procuratrice generale María Consuelo Porras, accusata di attentato alla democrazia in seguito alle indagini aperte contro il partito.

Stephanie Rodríguez, avvocatessa esperta di difesa dei diritti umani, ritiene che la sospensione di Semilla è il simbolo di un «cumulo di illegalità», un atto per il quale si può parlare di un «colpo di stato» promosso dal pubblico ministero generale Consuelo Porras, dal presidente in carica Alejandro Giammattei e dal procuratore speciale contro l’Impunità, colui che ha firmato l’istanza di sospensione di Semilla, Rafael Curruchiche,. Il tutto per Rodríguez costituisce un brutto precedente: «Come cittadini – dice – dobbiamo restare allerta su questo tipo di azioni che in qualche modo sono legali, ma di fatto sono posizionamenti politici, e utilizzano il diritto penale per combattere gli avversari politici».

Il costituzionalista Édgar Ortiz ha spiegato che la decisione del Tse è impugnabile, ma ha sottolineato che i suoi effetti non sono ancora chiari e sottolinea che sicuramente il partito non è stato cancellato, ma solo congelato. Infatti deputati e deputate potranno sedersi in parlamento come indipendenti, ma non potranno diventare presidenti o presidentesse di commissione. La decisione del Tse crea un precedente unico nella storia “democratica” del Guatemala, dove mai un partito politico era stato sospeso per ordine di un giudice e senza un vero processo e una sentenza.

Con il ritorno della mobilitazioni sono riprese le polemiche, soprattutto nella capitale. A queste risponde Abelino Chub, difensore della comunità di Q’eqchi’ ricordando, alla guida della delegazione comunitaria, che «questa crisi è causata dal governo». La grande paura è che i poteri corrotti del paese cerchino, ora, di non far insediare Arévalo a metà gennaio anche se le ultime decisione del Tse sottolineerebbero la vittoria nel ballottaggio del 20 agosto. Movimenti indigeni e urbani hanno gridato con forza «nessuno si arrenderà» e promettono di presidiare giornalmente la politica per garantire l’inizio del governo Arévalo.