Sorpresa dalle urne in Ecuador. Il voto di domenica scorsa assegna una vittoria chiara alla Revolución Ciudadana (Rc), il movimento politico dell’ex presidente progressista Rafael Correa. E una sconfitta netta per il governo conservatore Lasso, eletto nel 2021.

Nel paese andino si votava per i sindaci e i governatori delle 24 province. E nessun istituto di sondaggio aveva previsto un risultato così favorevole al correismo e ai suoi candidati. I quali hanno conquistato i capoluoghi e il governo delle province di Pichincha, Guayas, Santo Domingo, Santa Elena e Cañar. E sono correisti anche i governatori della provincia costiera di Manabi e di quella andina di Azuay. Tutte insieme, ospitano il 61% della popolazione. Anche nei centri minori, come Santo Domingo o Esmeraldas, città della zona costiera, vincono i candidati di Rc.

La vittoria più sorprendente è a Guayaquil, 2 milioni 700 mila abitanti, motore economico del paese che si affaccia sull’Oceano Pacifico. Il correismo vince e interrompe il monopolio del partito di destra social cristiano, che durava ininterrotto dal 1992 e aveva resistito anche durante il governo di Correa, alla guida del paese andino tra il 2007 e il 2017. Nella capitale, Quito, 2850 metri tra le Ande, nella zona centrale delle pase, il nuovo sindaco è Pabel Muñoz e la governatrice Paola Pabón. Entrambi correisti.

L’EX PRESIDENTE CORREA ha seguito i risultati da Città del Messico. Su di lui sconta un mandato di cattura da parte della giustizia dell’Ecuador per accuse di corruzione, che lui ha sempre respinto come lawfare, persecuzione giudiziaria per ragioni politiche. Benché risieda in Belgio e non metta piede in Ecuador dal 2017, Correa, attraverso la sua pagina Twitter, con tre milioni e mezzo di follower, è di gran lunga il politico più seguito del Paese, ha una rete politica tra Spagna e America Latina e continua a dividere il dibattito pubblico e il subconscio degli ecuadoriani.
I risultati di domenica gli consegnano una vittoria politica indiscutibile, anche grazie a un sistema elettorale a turno unico: i sindaci e i governatori vengono eletti con maggioranza semplice, senza ballottaggio.

I RISULTATI SORRIDONO anche al partito Pachakutik, che conquista il governo di sei province. Pachakutik è il braccio politico della Conaie, la Confederación de nacionalidades indígenas del Ecuador, rappresentanza di decine di popoli e nazioni indigene, che nel giugno 2022 aveva bloccato il paese per uno sciopero di 18 giorni che aveva messo in crisi il governo di Lasso.

Insieme alle elezioni amministrative, agli ecuadoriani era stata consegnata una scheda per un referendum. Otto quesiti riguardanti diverse questioni – giustizia, ambiente, organizzazioni politiche, etc. – ma attorno al quale si giocava la popolarità del governo conservatore del banchiere Lasso. Quest’ultimo aveva puntato le sue fiche su otto “Sì”. Mentre scriviamo, con lo scrutinio ancora in corso, il “No” è davanti in tutti i quesiti e il presidente Lasso non ha rilasciato dichiarazioni alla stampa.

La giornata del voto è stata caratterizzata anche dalla violenza. Domenica è stato assassinato Omar Menéndez, candidato correista a sindaco di Puerto López, piccolo centro della provincia di Manabi. Si tratta del 15mo attentato violento a politici dall’inizio della campagna elettorale, «le elezioni più violente di sempre» ha dichiarato Corlazzoli, osservatore elettorale dell’Organizzazione degli Stati americani.

CI VORRÀ TEMPO PER CAPIRE le cause dell’omicidio di Menéndez, il cui nome è comunque apparso sulle schede elettorali e ha ottenuto la vittoria. Quel che è certo è che la sua morte rientra nel clima di insicurezza, arretramento dello Stato e avanzata dei gruppi criminali, che fanno assomigliare sempre più l’Ecuador alla Colombia degli anni ’80 del ’900.

Nei prossimi giorni si misureranno le conseguenze di un voto che ha lasciato sorpresi tutti, vinti e vincitori, e cambia gli scenari in vista delle elezioni presidenziali previste per il 2025.