110 milioni di dollari al presidente Ashraf Ghani, 60 milioni di dollari al dominus del nord, già governatore della provincia settentrionale di Balkh, Atta Mohammad Noor, altri 50 milioni di dollari al generale Abdul Rashid Dostum, a capo del Jumbesh-e-Milli. Milioni di dollari trasferiti dall’ambasciata del Qatar a Kabul sui conti correnti locali di tre dei protagonisti della politica afghana, nelle settimane precedenti alla conquista del Paese da parte dei Talebani, affinché rinunciassero a combattere e consegnassero l’Afghanistan agli islamisti radicali.

È la tesi presentata come uno scoop nel corso dell’edizione serale del Tg1 di mercoledì 1 febbraio. A sostenerla, la direttrice del Tg1 Monica Maggioni e il giornalista freelance Filippo Rossi, che sarebbe venuto in possesso dei documenti “attraverso fonti affidabili”, poi portati all’attenzione della redazione del primo telegiornale italiano.

I documenti mostrati sono fogli apparentemente ufficiali, intestati e datati, in cui i politici vengono ringraziati per “il ruolo nel processo di pace, il cambio del regime politico e la formazione del nuovo governo in Afghanistan” (prima ancora che un nuovo governo venisse formato) con donazioni sostanziose. Le cifre nero su bianco. Così come i nomi dei destinatari, o dei mediatori. Per il contributo ad Ashraf Ghani, il mediatore per esempio è Ajmal Ahmadi, governatore pro-tempore di Da Afghanistan Bank, la banca centrale afghana. Ahmadi avrebbe incontrato a Kabul nel luglio 2021 Mutlaq bin Majid Al-Qahtani, il rappresentante speciale per l’Afghanistan del Qatar, ricevendo per conto del presidente, poi fuggito dal Paese il 15 agosto dello stesso anno, più di cento milioni di dollari. Le ricevute dei pagamenti non fanno riferimento a combattimenti o rese, ma gli autori dello scoop tracciano una linea di consequenzialità, confrontando le date delle ricevute con le date dell’avanzata dei Talebani nel Paese. Per loro, è evidente la correlazione: i politici afghani sono stati pagati per non combattere.

Valutare l’autenticità dei documenti è difficile, senza poterli consultare integralmente. In attesa che la redazione del Tg1 renda disponibili tutti i documenti di cui è entrata in possesso tramite Filippo Rossi, si possono però evidenziare forti dubbi e perplessità. A partire da un assunto: la sostanza può essere plausibile, il modo è molto improbabile.

Il governo del Qatar potrebbe anche aver usato mezzi economici per convincere alcuni politici afghani a desistere dai combattimenti, ma appare difficile che ciò sia avvenuto lasciando tracce così esplicite. Allo stesso modo, è difficile pensare che i politici afghani fossero disposti a metterci la firma. Ci si chiede inoltre perché avrebbero dovuto accettare bonifici su conti afghani e non esteri, se prevedevano di abbandonare il Paese.

Dunque, cosa potrebbe essere successo? Una polpetta avvelenata, un’imboccata da parte di qualche servizio di intelligence di un Paese che intende danneggiare il Qatar. Gli Emirati arabi uniti, forse, che soffrono il protagonismo diplomatico dei qatarini, con i quali si sono contesi anche la gestione dell’aeroporto di Kabul, oltre che l’attenzione dei Talebani. O forse gli attori del National Resistance Front, il fronte di resistenza nazionale guidato da Masoud junior, che intende presentarsi come unica alternativa ai Talebani. O la Turchia.

Nell’attesa di capirlo meglio, aspettiamo che il Tg1 approfondisca la questione, e renda disponibili i documenti.