«Le immagini sono insopportabili con corpi carbonizzati e aggrovigliati, le mani delle vittime legate dietro la schiena, e rendono l’idea di quello che sta avvenendo in Mali in queste ultime settimane», afferma l’ultimo rapporto della divisione dei Diritti Umani della missione Minusma – la missione Onu in Mali- riguardo al ritrovamento di una fossa comune nella zona di Niono, pubblicato ieri con alcune testimonianze da Radio France International (Rfi).

Sono numerosi i video sui social che ritraggono i cadaveri bruciati e accatastati durante un’incursione delle Forze armate maliane (Fama) insieme ai mercenari russi della compagnia Wagner, avvenuto presumibilmente la prima settimana di marzo, sul quale sta indagando la Minusma, che dovrebbe comunicare i suoi risultati nelle prossime settimane.
In tutto 35 corpi – quasi tutti quelli identificati erano Peul – in un nuovo massacro contro questa comunità spesso assimilata dal governo ai gruppi jihadisti presenti nell’area.

Diverse associazioni locali e Human Rights Watch hanno denunciato l’episodio indicando che gli interrogatori sarebbero durati diversi giorni con l’utilizzo di «pinze, cavi elettrici e diversi strumenti di tortura» e sarebbero stati eseguiti, secondo le dichiarazioni di numerosi testimoni, «da uomini delle Fama, insieme ad altri militari bianchi che parlavano una lingua sconosciuta».

Numerose foto mostrano alcuni pastori torturati con escoriazioni e lividi su tutto il corpo, mentre altre testimonianze indicherebbero «l’utilizzo di alcuni tecniche di tortura come quella del waterboarding», cioè la forzatura nel bere grandi quantità d’acqua con una sensazione di annegamento da parte delle vittime.

In un comunicato diffuso sabato lo Stato maggiore delle Forze armate ha fatto riferimento ad «alcuni video montaggi falsi che mostrano sui social network l’esecuzione sommaria collettiva su popolazioni civili», negando qualsiasi tipo di responsabilità e indicando che il governo è «totalmente all’oscuro di queste accuse che rischiano di screditare le Fama e i suoi alleati sul campo nella lotta al jihadismo».

La giunta al potere dal doppio colpo di stato dell’agosto 2020 e del maggio 2021 continua a negare la presenza nel paese di membri di Wagner – già accusati di numerosi abusi in Repubblica Centrafricana e in Libia -, affermando che attualmente «sono schierati solo regolari addestratori russi nell’ambito del rafforzamento della partnership militare tra Bamako e Mosca». Un riavvicinamento giustificato, secondo le autorità maliane, per «compensare il vuoto di sicurezza creato dalla fine dell’operazione antitjihadista francese “Barkhane” in Mali».

Sul campo la situazione sembra peggiorata dopo che, la scorsa settimana, centinaia di jihadisti hanno attaccato la base militare di Mondoro, nel centro del paese, causando la morte di almeno 40 soldati maliani, nel peggiore attacco contro le forze militari locali degli ultimi anni e dove, per la prima volta dopo 9 anni, il governo di Bamako non ha richiesto l’appoggio dei francesi.

L’attacco della scorsa settimana è un chiaro segnale della fragilità della sicurezza nel paese con intere aree che sembrano ormai sotto il completo controllo dei miliziani jihadisti e si sta diffondendo anche in tutta l’area dei “3 confini” (Mali, Niger, Burkina Faso) con attacchi contro i militari burkinabé (ieri 20 vittime) e nigerini, «con il rischio di arrivare a oltre 3,5 milioni di profughi entro giugno in tutto il Sahel», come dichiarato da Peter Maure, presidente della Croce Rossa Internazionale

L’unica nota positiva è la notizia, confermata ieri anche dal governo francese, sulla veridicità del video trasmesso lunedì del giornalista francese Olivier Dubois, rapito lo scorso aprile nel nord del Mali. Nel breve video-messaggio della durata di circa un minuto, Dubois, solo sullo schermo davanti a un semplice muro grigio, afferma di essere «in buone condizioni di salute» e ricorda l’identità dei suoi rapitori, il Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani (Gsim), guidato da Iyad Ag Ghali e legato ad al-Qaeda.

Errata Corrige

Sui 35 corpi ritrovati in una fossa comune a Niono indaga l’Onu. Immagini choc, testimonianze di torture ed esecuzioni. Ma Bamako nega. Intanto arriva la conferma: Olivier Dubois, il giornalista francese nelle mani dei jihadisti, è vivo