È spirato ieri mattina Ahmed Shamsa, il 15enne palestinese colpito alla testa da un proiettile sparato due giorni fa da soldati israeliani durante una protesta organizzata dagli abitanti di Beita contro l’avamposto coloniale Eviatar. I medici dell’ospedale Rafidia di Nablus non hanno potuto far nulla per salvarlo. Si tratta del quarto palestinese ucciso dall’inizio delle proteste a Beita. Appena una settimana fa un altro adolescente, Mohammed Hamayel, era caduto sotto il fuoco dei militari schierati a presidio di Eviatar. Da cinque settimane l’intera Beita prosegue la protesta contro il nuovo avamposto sul Monte Sabih, dove 17 famiglie palestinesi possiedono terreni e dipendono dalla raccolta delle olive e dalla produzione di olio. Oltre che per le leggi internazionali, Eviatar è illegale anche per quella israeliana, non avendo ricevuto alcuna autorizzazione ufficiale. Tuttavia, i coloni, con l’aiuto anche di militari, all’inizio di maggio hanno portato roulotte e caravan sul Monte Sabih occupando circa il 30% delle terre di Beita. Il nuovo governo israeliano è chiamato a decidere sulla sorte dell’avamposto ma si dubita che il premier Naftali Bennett, nazionalista religioso e uno dei principali rappresentanti politici del movimento dei coloni, possa ordinare uno sgombero con la forza di Eviatar.