Per la prima volta il governo spagnolo ha negato l’autorizzazione d’attracco in uno dei suoi porti a una nave carica di armi e diretta al porto di Haifa, in Israele. Si tratta della Marinne Danica, battente bandiera danese, che aveva sollecitato l’autorizzazione per attraccare nel porto di Cartagena il 21 maggio.

Il carico, si leggeva nei documenti di viaggio, era di 27 tonnellate di motori per razzi militari. La nave era partita dall’India quaranta giorni fa ed era diretta in Israele. Sono stati il ministero dei trasporti, competente in materia portuaria, e quello degli esteri a negare il permesso.

IL MINISTRO degli esteri spagnolo, José Manuel Albares, ha assicurato che la Spagna «rifiuterà sistematicamente» le richieste di scalo di imbarcazioni con armi dirette allo stato di Israele. «La politica del governo è non concedere nuove licenze per materiale bellico diretto in Israele, e questa decisione è coerente e va nella stessa linea», ha spiegato.

«È la prima volta che lo facciamo perché è la prima volta che identifichiamo una nave che porta un carico di armi per Israele e che vuole fare scalo in un porto spagnolo – ha detto il ministro a Bruxelles – L’ultima cosa di cui ha bisogno il Medio Oriente sono più armi. Quello di cui ha bisogno è la pace, un cessate il fuoco immediato e permanente. La Spagna parteciperà in tutti gli sforzi perché torni la pace. Non parteciperemo in assoluto a mantenere e fomentare quella guerra».

Se l’intervento del governo con la Marinne Danica è stato rapido e ha ricevuto l’appoggio dei suoi soci di sinistra Sumar e Podemos, assai più elevato è stato il tono della polemica su una seconda imbarcazione, il Borkum, battente bandiera di Antigua e Barbuda (Antille), che era ancorata fuori dal porto della stessa città di Cartagena e che avrebbe dovuto attraccarvi ieri. Alla fine è ripartita rinunciando alla tappa spagnola. La ong Rescop (Rete solidaria contro l’occupazione della Palestina) aveva denunciato martedì che la nave, con a bordo un carico di armi, era in realtà diretta in Israele, al porto di Ashdod, pochi chilometri a nord di Gaza.

IMMEDIATAMENTE numerosi esponenti di Podemos e di Sumar – questi ultimi da dentro il governo – avevano chiesto di bloccare la nave. Il ministro dei trasporti socialista Oscar Puentes aveva reagito, come suo costume, in maniera sanguigna accusando i suoi colleghi di sinistra di diffondere bufale. Secondo i documenti, la nave, con 32 container di armamenti, è in realtà diretta in Repubblica ceca e passerò per il porto sloveno di Koper.

Ma, ambiguamente, nel documento prodotto dal governo ceco si specifica che «non si riesporterà senza l’autorizzazione previa del governo esportatore originale», ancora una volta l’India. Secondo la ong e i due partiti di sinistra – che sulla questione palestinese stanno competendo aspramente in vista delle elezioni europee – il sospetto che le armi arriveranno a Netanyahu è rafforzato dalla clausola di confidenzialità a cui tutto l’equipaggio è sottoposto e dal fatto che Praga è un grande esportatore di armi a Israele. Secondo il governo spagnolo, inoltre, parte del carico era diretto a una impresa di Granada. La nave alla fine ha proseguito il viaggio senza sbarcare il materiale.

PODEMOS ha denunciato all’Audencia Nacional la nave, chiedendo di sequestrarne e analizzarne il contenuto, ma il giudice ieri ha chiesto di archiviare la denuncia per mancanza di prove. Ione Belarra, segretaria di Podemos, ieri ricordava che la denuncia era partita da un’indiscrezione arrivata ai movimenti sociali e chiedeva che il governo faccia di più per fermare il genocidio.

«Con i problemi nel Mar Rosso, sono decine le navi che devono passare per la Spagna per portare armi in Israele. Prima del movimento sociale per fermare il Borkum, il governo non aveva mosso un dito».

Per parte sua, l’esecutivo spagnolo si prepara a riconoscere lo stato palestinese. Lo confermava ieri lo stesso Pedro Sánchez: si sta coordinando con altri paesi e la settimana prossima annuncerà la data in cui la Spagna compirà il passo.