È «la crisi dei quarant’anni» ha ironizzato il quotidiano Libération. Il 10 maggio 1981, François Mitterrand è stato eletto presidente, primo socialista nella V Repubblica. La sinistra era stata all’opposizione per più di vent’anni. Allora, c’era stata una grande festa alla Bastiglia, c’era una grande speranza di «cambiare la vita». Niente di tutto ciò 40 anni dopo.

LA VECCHIA GUARDIA domenica ha festeggiato la ricorrenza al Creusot, un comune operaio, l’ex presidente François Hollande ha rivendicato la successione: Mitterrand, governo Jospin, la sua presidenza dal 2012 al 2017, con un sottinteso confuso riguardo a se stesso rispetto alle presidenziali del 2022: «Il socialismo ha ancora qualcosa da dire, la sua missione riformatrice non è finita». L’attuale segretario del Ps, Olivier Faure, non era presente, ha preferito partecipare alla marcia sul clima a Parigi, con le altre forze di sinistra (anche se i leader dei vari partiti si sono tenuti a distanza uno dall’altro): «Non sono un guardiano di museo – si è giustificato – il mio obiettivo è di non restare prigioniero della storia, il miglior modo di essere fedeli a Mitterrand è essere al fianco dei giovani che si mobilitano per costruire il futuro». Ieri sera, Faure ha organizzato un ricordo nell’attuale sede del Ps, a Ivry-sur-Seine, mentre nella vecchia sede, in rue de Solférino, venduta ai privati e in via di ristrutturazione per accogliere gli uffici di una multinazionale dei profumi, la grande insegna “Parti socialiste” che stava sul frontone del palazzo è tra le macerie.

TRA UN ANNO ci sono le presidenziali e il Ps non ha un candidato, dopo lo scacco del 2017, quando Benoît Hamon ha preso poco più del 6%. La sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, ci pensa, si deciderà a settembre, ma i sondaggi non sono incoraggianti. Faure riflette su una candidatura unica con Europa Ecologia, ma la leadership sarà dei Verdi, il Ps si accoderà (e la sinistra disunita presenterà una serie di candidati al primo turno, con la sicurezza di non arrivare al ballottaggio). Questa scelta è condannata dalla vecchia guardia, che ha vissuto il «programma comune» con il Pcf in posizione dominante. «Non riceviamo lezioni da chi ha la responsabilità del fallimento della sinistra», ha risposto Faure a Hollande.

MA C’È UN’ALTRA spaccatura profonda e grave tra la vecchia e la nuova generazione: il giudizio sulle responsabilità francesi nel genocidio dei Tutsi in Rwanda nel 1994. Era la fine dell’era Mitterrand, la presidenza era in declino, in preda a molti mali. Una commissione di storici, voluta da Emmanuel Macron, ha stabilito le pesanti responsabilità della Francia, che ha guardato dall’altra parte mentre si preparava il genocidio. Un’altra commissione, istituita dal Rwanda, è andata ancora più lontano nelle accuse di responsabilità.

È in corso una riconciliazione delle memorie tra Francia e Rwanda, Macron andrà a Kigali. Raphaël Glucksmann, capolista socialista alle ultime elezioni europee (è esponente del gruppo Place Publique) ha chiesto un esame di coscienza da parte del Ps sulle responsabilità dell’équipe Mitterrand. Ma Hubert Védrine, che allora era segretario generale dell’Eliseo, e tutti gli altri della vecchia guardia si rifiutano di ammettere delle colpe. «Anche la comunità internazionale non ha anticipato nulla» ha detto ancora ieri François Hollande.

ABOLIZIONE DELLA PENA di morte, quinta settimana di ferie, 39 ore (poi 35 con Jospin), pensione a 60 anni, nazionalizzazioni delle grandi imprese e banche, ruolo di Sos Racisme, una politica culturale guidata da Jack Lang che è diventata un modello mondiale, grandi interventi architettonici (soprattutto a Parigi): i primi anni della presidenza Mitterrand hanno lasciato il segno e il ricordo della possibilità di agire. Ieri, erano i 20 della legge Taubira sulla schiavitù crimine contro l’umanità.

Oggi, tra le divisioni e i rancori, tra le eredità principali c’è l’adesione al progetto di costruzione europea. Mitterrand, che già nel 1983 era stato costretto alla scelta dell’austerità in un mondo dominato da Reagan e Thatcher, aveva capito che la Francia non avrebbe potuto conservare quello che aveva chiamato il suo “rango” (in occasione della partecipazione alla prima guerra del Golfo), cioè sarebbe diventata una potenza di serie B, se non si fosse legata agli altri paesi europei in quella che è oggi la Ue.