Sky-Comcast, Murdoch si prepara allo scontro con la Silicon Valley
Capitalismo digitale Il magnate, conservatore, dei media avrebbe deciso di liberarsi dell’emittente pay come parte di una più ampia strategia di cessioni strategiche e nuove capitalizzazioni per prepararsi a contrastare l’emergere dei grandi gruppi ibridi di content digitale come Netflix e Amazon
Capitalismo digitale Il magnate, conservatore, dei media avrebbe deciso di liberarsi dell’emittente pay come parte di una più ampia strategia di cessioni strategiche e nuove capitalizzazioni per prepararsi a contrastare l’emergere dei grandi gruppi ibridi di content digitale come Netflix e Amazon
Con l’annuncio della cessione alla Comcast della quota di minoranza di Sky ancora detenuta dalla Fox, si è conclusa l’ultima fase delle grandi manovre di consolidamento nel settore mediatico digitale. Negli ultimi mesi il riallineamento di proprietà ha visto principalmente contrapposte Disney e Comcast, con un ruolo protagonista di Rupert Murdoch. Il media-magnate reazionario australiano ha prima ceduto alla Disney la sua Fox studios (fatta eccezione per l’emittente propagandistica americana Fox News) e ora ha venduto la pay Tv Sky a Comcast, il maggiore cable-provider americano basato Philadelphia.
Murdcoh, sotto pressione da parte dell’antitrust inglese dopo lo scandalo delle intercettazioni telefoniche operate dal suo News of the World, avrebbe deciso di liberarsi dell’emittente pay come parte di una più ampia strategia di cessioni strategiche. Il magnate punta a diventare importante azionista di gruppi concorrenti (la Disney ad esempio) sgravando al contempo la sua società da una concorrenza sempre più onerosa in un ecosistema mediatico sempre più competitivo caratterizzato soprattutto dall’emergere dei grandi gruppi ibridi di content digitale.
Tutto effetto dunque dell’ascesa di Netflix e Amazon come produttori/distributori di contenuti dalle risorse apparentemente illimitate, finanziati da una base di clienti fuori dalla portata di qualunque studio. (La sola Netflix ha annunciato per il prossimo anno un listino di ben 80 nuovi film – più della produzione di tutti gli altri studios messi assieme.) In questo quadro studios e aziende televisive sono obbligate al consolidamento in gruppi verticalmente integrati per far fronte alla concorrenza di Silicon Valley ed all’emergente assetto di Hollywood in cui cinema e serie esistono sempre più in funzione della fruizione on-demand. I nuovi acquisti fatti da Disney e Comcast sono quindi effetto di una «corsa all’armamento» nella battaglia con i giganti dello streaming sullo sfondo della definitiva privatizzazione destinata a sancire il destino di internet come rete di distribuzione di contenuti commerciali.
Per questo Disney e Comcast sono impegnate in una forsennata campagna di acquisti che mira ad assicurarsi contenuti necessari per far fronte non solo ad Amazon e Netflix ma prossimante anche ad altri destinati a breve a scendere in campo come Apple e Facebook. La cessione di Sky (mediante un asta, per quasi 50 miliardi di dollari) ha rappresentato quindi l’ultima propaggine di un confronto che ha inizialmente visto Disney e Comcast darsi battaglia per assicurarsi la Fox. Alla fine dell’anno scorso la Disney era infine riuscita ad acquistare il controllo dell’ex rivale hollywoodiana, ma solo dopo una feroce concorrenza della Comcast che aveva rialzato il prezzo di quasi 20 miliardi di dollari.
Lo scontro fra i conglomerati rivali si è rinnovato quando Sky – e il suo patrimonio di oltre 20 milioni di abbondati in Regno Unito, Italia, Germania – è stata messa all’asta. Questa volta l’ha spuntata Comcast. Da tutto questo Murdoch uscirà più ricco (52 miliardi di dollari solo dall’affare Fox) e libero di dedicarsi al suo impero giornalistico-propagandistico (e sportivo).
C’è infine qualcosa in più che una semplice coincidenza, nella simultanea spinta da parte dell’authority delle telecomunicazioni del governo Trump per abrogare la Net Neutrality. La decisione prepara internet come il campo di battaglia per gli interessi dei grandi gruppi dell’intrattenimento.
La rete, consegnata al libero mercato, è destinata ad assomigliare sempre più alla televisione: offerte speciali, bouquet … un canale comunque per il massimo profitto delle aziende che lo controllano e senza nemmeno le minime garanzie che governano l’etere come bene pubblico. Si compie con il trumpismo la parabola di «monetizzazione» del web. Disney e Comcast , come Amazon e Netflix (e presto Apple, Facebook e Google) puntano ora a creare piattaforme onnicomprensive basate sull’abbonamento – il modello «cradle to grave» che mira ad assicurarsi la fedeltà dei clienti per tutti i consumi «dalla culla alla tomba» e fornire agli utenti non solo intrattenimento ma lifestyle, stile di vita, modi di pensare e consumare, recinti di consumo molto branded e mutualmente esclusivi.
Sullo sfondo di un internet sempre più supermercato e della privatizzazione ad oltranza che ha trasferito ormai in mani private ed insindacabili il controllo di servizi come poste e telefonia, l’affare Sky/Comcast è semplicemente un ultimo adeguamento al consolidamento ed al trionfo del mercato sulla sfera pubblica.
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