Ma non era la siccità il nemico della pianura padana? Visto dall’Emilia-Romagna inondata, l’allarme per il riscaldamento globale causato dai gas serra può apparire esagerato. Invece, chi studia il clima non si sorprende che il meteo passi così rapidamente dai fiumi in secca all’alluvione. «Innanzitutto, ricordiamo sempre che meteo e clima sono cose completamente differenti.

Il meteo cambia ogni giorno, il clima si studia su un orizzonte temporale di decenni», spiega Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio di Modellistica Climatica e Impatti dell’Enea. «L’evento a cui stiamo assistendo però è significativo: 200 millimetri di pioggia in pochi giorni, mentre la media dell’intero mese di maggio secondo le serie storiche è di 80 millimetri in tutto». Le deviazioni dalla norma non fanno parte della variabilità meteorologica? «Ma quando le deviazioni diventano sistematiche, e un evento simile si era già verificato all’inizio di maggio, significa che il clima sta cambiando», risponde Sannino. Dunque nessuna sorpresa.

«È ESATTAMENTE quello che prevediamo debba succedere: periodi siccitosi sempre più lunghi e precipitazioni estreme e localizzate. Chi fa agricoltura, abituato a piogge distribuite e uniformi tra autunno e inverno, ora deve adattarsi a piogge così abbondanti in primavera e concentrate in pochi giorni». Oggi, spiega il climatologo, stiamo avendo solo un assaggio del tempo che verrà. «Questi fenomeni oggi li chiamiamo “estremi”. Ma diventeranno sempre più frequenti con l’aumento della temperatura di 2 o 3 gradi rispetto all’era pre-industriale». Intanto la Wmo ha certificato che la temuta soglia di 1,5°C – che secondo l’accordo di Parigi avremmo dovuto scongiurare – sarà superata probabilmente già nel 2027.

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C’È UNA LEGGE fisica che spiega quali siano le conseguenze, risale a due secoli fa (quando il climate change non era ancora iniziato) e si studia al liceo. «È la “legge di Clausius-Clapeyron”. Sostiene che un’atmosfera più calda è in grado di contenere più vapore acqueo, l’ingrediente fondamentale delle nubi, e può dar luogo a maggiori precipitazioni», spiega Elisa Palazzi, ricercatrice all’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima e professoressa di Fisica del clima all’università di Torino.

Dunque la temperatura aumenta l’evaporazione e favorisce la siccità, ma anche l’umidità e il rischio di piogge violente, che rappresentano l’altra faccia della medaglia. «L’atmosfera calda – continua la climatologa – è anche carica di energia e questo può dar luogo a eventi molto intensi. Di vapore acqueo in aria ce n’è in abbondanza anche per l’intensa evaporazione dal Mediterraneo, sempre più caldo. La nostra è tra le aree più sensibili del globo all’innalzamento delle temperature globali».

PURE LE CORRENTI atmosferiche stanno cambiando. «Mentre prima la circolazione era quasi sempre in direzione ovest-est, ora osserviamo spesso sistemi lungo la direzione sud-nord – spiega Palazzi – con in più la tendenza a una maggiore persistenza nel tempo dei fenomeni meteorologici. Anziché spostarsi in fretta, ora una perturbazione può rimanere su un territorio per un tempo più lungo, aumentando il rischio per le popolazioni coinvolte».

POTEVA PERSINO andare peggio, spiega chi studia l’impatto sul territorio del clima che cambia. «Pensi se non avessimo avuto i sistemi di allerta, la Protezione civile, le previsioni che ci hanno avvertito in anticipo che i fiumi avrebbero superato le soglie di criticità», riflette Paola Salvati, geologa dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Cnr di Perugia. «Questo è stato davvero un evento estremo. Frane e esondazioni ci sono sempre state, ma stavolta tutti questi fenomeni si sono verificati insieme su un territorio di dimensione regionale». In questi decenni non abbiamo maltrattato solo l’aria che respiriamo.

«Oggi l’uso del suolo è limitato per legge, ma il consumo continua. E conviviamo con aree urbane e impianti industriali progettati in un’epoca in cui norme e strumenti mancavano». Il risultato? «La pioggia non penetra nei suoli. Provi a versare litri e litri d’acqua su un vasetto di fiori: l’acqua non viene assorbita e si perde. Se il terreno non assorbe l’acqua, finisce tutta nei torrenti e perdiamo una risorsa preziosa».

MENTRE AGIAMO sulle emissioni in atmosfera, serve consapevolezza su un cambiamento in atto sul territorio, di cui non sappiamo ancora tutte le conseguenze. «Sta cambiando il regime pluviometrico e non sappiamo quale sarà la risposta», avverte Salvati. «Ma bisogna comunicare ai cittadini che questo è l’inizio di una nuova normalità.

Su questo si è fatto poco: le indagini mostrano che solo una minoranza di loro conosce il rischio idrogeologico del luogo in cui vive, lavora o manda a scuola i figli. Diffondere questa consapevolezza trasmetterebbe l’importanza di investire, anche fuori dall’emergenza, in opere come la manutenzione dei torrenti o il drenaggio del fiumi, di cui ci interessiamo solo dopo i disastri».