Probabilmente è eccessivo definirlo un fenomeno editoriale, ma qualcosa nel mondo dei libri per bambine e bambini, ragazze e ragazzi è cambiato: infatti, come per le strenne natalizie, tra le uscite obbligate compare adesso anche il Giorno della memoria e così, in previsione del 27 gennaio – quando si ricorda la liberazione di Auschwitz da parte dell’Armata rossa – arrivano fra gli scaffali tanti nuovi volumi (sia da parte dei grandi gruppi editoriali che delle piccole case editrici).
Il Giorno della memoria è diventato dunque un appuntamento commerciale – e, forse, anche civile – che l’editoria specializzata non vuole perdere. D’altronde, secondo l’ultima indagine presentata dall’Associazione italiana editori, proprio il comparto dedicato a ragazzi e bambini rappresenta il quindici per cento del totale della «varia» e oltre il venti per cento per numero di copie vendute: un settore di mercato interessante a cui il 27 gennaio aggiunge una data significativa.

Da Maus di Art Spiegelman

MA NON È SEMPRE STATO COSÌ, anzi, fino a dieci anni fa i libri sulla Shoah per bambine e bambini erano pochi e riflettevano probabilmente la disattenzione della cultura e dei media italiani – oggi inimmaginabile – verso la specificità delle sterminio ebraico durante la Seconda guerra mondiale.
Era il 20 luglio del 2000, quando fu istituito il Giorno della memoria: due articoli con cui si sollecitavano «incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado». Nello stesso anno fu ripubblicata in Italia, in un volume unico, dopo l’uscita in fascicoli su Linus prima e su Milano libri poi, Maus – la graphic novel di Art Spiegelman, il primo fumetto a vincere un premio Pulitzer nel 1992 – con gli ebrei che hanno il muso di topi, i nazisti di gatti, i polacchi di maiali. Eppure, Maus a parte, che rappresentò un vero e proprio «caso» e che non era affatto rivolto all’infanzia, il mondo editoriale non si accorse subito della nuova opportunità che l’istituzione del Giorno della memoria offriva.
Fino ad allora – oltre i «classici» della letteratura concentrazionaria, Primo Levi ed Elie Wiesel su tutti – i libri specificatamente per giovani apparivano, a una prima ricognizione, pochi e per lo più traduzioni di autori stranieri. Un’eccezione che prese rapidamente la via delle scuole e delle letture «adatte» è stata Una bambina e basta di Lia Levi (e/o, 1995) che, solo in seguito, verrà data alle stampe in una versione destinata ai giovani e di cui è in questi giorni pubblicato da HarperCollins Tutto quello che non avevo capito – Una bambina e basta cresce. Vi si racconta, con i tratti lievi a cui Levi ci ha abituati, di un dopoguerra segnato dall’arduo ritorno alla normalità. Prima di allora, i bambini e le bambine italiane potevano leggere Quando Hitler rubò il coniglio rosa – Bur dei ragazzi, Rizzoli, 1976– della scrittrice, illustratrice e sceneggiatrice tedesca naturalizzata inglese Judith Kerr: un libro ancora in catalogo, la cui vicenda è stata ripresa in varie versioni cinematografiche, l’ultima nel 2019. È nei primi anni novanta invece che escono anche in Italia due romanzi di Claude Gutman (autore israelofrancese): La casa vuota e L’albergo del ritorno, editi da Einaudi ragazzi e EL.

TUTTA DIVERSA È LA STORIA del Diario di Anne Frank sul quale si sono formate intere generazioni: la prima pubblicazione in italiano è del 1954 per Einaudi, con la prefazione di Natalia Ginzburg. Nel corso degli anni ne usciranno varie edizioni, seguendo le vicende – anche giudiziarie – legate al Diario per antonomasia della ragazza che, nonostante tutto, continuava «a credere nell’intima bontà dell’uomo». Fiducia che però non la salverà dalla deportazione e dalla morte nel campo di Bergen Belsen nella primavera del 1945. Sono oltre settanta le traduzioni in tutto il mondo, moltissime le riduzioni teatrali, poi serie televisive, lungometraggi, film di animazione.
La vicenda dell’adolescente Anne, rinchiusa nell’alloggio segreto ad Amsterdam, continua a essere di ispirazione: una nuova edizione del Diario è proposta ora da Giunti con una nuova traduzione di Dafne Paris e una prefazione di Anna Sarfatti, autrice di impegno civile anche in proprio. Dopo i lavori dedicati a spiegare la Costituzione esce adesso Il nido del tempo (Giunti), un romanzo delicato e gentile, con una protagonista disobbediente che grazie all’uso delle mani in falegnameria, arte inconsueta in tempi correnti, ricostruisce un vecchio oggetto che diviene occasione di incontro tra ragazzine di epoche e religioni diverse.

IL LIBRO DI SARFATTI appartiene proprio alla nuova ondata di volumi che, sulla scia del Giorno della memoria, sono stati editi a partire dal 2010 circa. #Anne Frank, vite parallele – un diario segreto, cinque sopravvissute, uno stesso destino è il volume di Sabina Fedeli e Anna Migotto tratto dal film omonimo (Feltrinelli): Caterina, diciottenne di oggi si mette sulle tracce di Anne Frank e incontra la storia di altre quattro bambine sopravvissute ai campi: Arianna Szorèny, Sarah Lichtsztejn-Motard – «non perdona i razzisti di oggi e i nazisti di ieri. E contro i suoi aguzzini ha scelto una vendetta che le somiglia: un canto alla vita»–, Andra e Tatiana Bucci, Helga Weiss. Caterina documenta il suo viaggio con il telefonino, ne discute in chat con le amiche: è un’adolescente di oggi che affronta il tema della Shoah con gli strumenti che le appartengono perché sempre più – nei libri – sono i giovani a essere protagonisti: cercano, scoprono, si interrogano. La narrativa sembra voler riprodurre gli adolescenti e i bambini che vorremmo: curiosi, reattivi, capaci e critici anche quando disobbediscono al mondo adulto.

Sotto falso nome (Einaudi ragazzi) è invece una storia vera avvenuta a Mantova, in viale Gorizia 6, scoperta da Frediano Sessi. Uno scambio di identità che ha consentito a un’intera famiglia di ebrei fiumani di aver salva la vita. Una relazione di affetto che proseguì poi per il resto della vita dei Rampi, i salvatori, e dei Frankl, i perseguitati. Sessi – cocuratore dell’edizione integrale del Diario di Anne Frank, Einaudi 2014 – continua così il suo viaggio nella produzione sulla Shoah destinata a bambini e ragazzi a cavallo tra l’invenzione narrativa e la ricostruzione storica.
Anche se la parola Shoah indica specificatamente lo sterminio degli ebrei, altre «categorie» di cittadini furono assassinate e di loro nella narrativa per bambini e ragazzi manca quasi traccia. Un’eccezione di vari anni fa per quel che riguarda la vicenda dei rom è Il ricordo che non avevo (Mondadori, 2010, ripubblicato da Notes edizioni nel 2019) di Alberto Melis, cui si può aggiungere Ho visto i lupi da vicino di Eliana Canova (Il Battello a Vapore, 2018). Per i giovani omosessuali, la novità sembra essere di quest’anno: I ragazzi dei cavalli di Johan Ehn (Fandango Libri). Assenze che pesano e che aspettano di essere colmate.
Da tempo, gli albi illustrati rappresentano un settore ulteriore e specifico: recentissimo per Orecchio Acerbo è Il bambino del tram di Isabella Labate, la storia di Emanuele Di Porto, bimbo sfuggito alla razzia romana del 16 ottobre salendo da solo su un tram dove rimarrà tre giorni, accudito dal personale. Magnifico, con illustrazioni intense e vitali, Nick&Vera di Peter Sìs (Rizzoli) – uscito un paio di anni fa – che narra la vicenda dell’inglese Nicholas Winton: fu lui a far evacuare da Praga centinaia di ragazzini e ragazzine ebree per sottrarli alla deportazione. Gino Bartali, Giorgio Perlasca e Oskar Schindler compaiono in molti libri e albi. Le storie dei giusti, infatti, abbondano in questa produzione, mancano quasi sempre le storie degli infami: la narrativa per giovani e piccoli, nel suo tentativo rassicurante, tende a riproporre il «mito del bravo italiano» che salva. Anche Gallucci ne ha pubblicati molti nel corso degli anni.

TANTI LIBRI, di cui si dà conto qui solo in minima parte, sembrano tematizzare la Shoah come una sorta di letteratura «di genere», a cavallo tra il romanzo storico e quello di impegno civile. Sono volumi che spesso non riescono a sottrarsi alla vocazione moralistico-pedagogica, libri che a volte ignorano la collocazione nella linea della Storia delle vicende che raccontano, consegnandole a un immaginario con caratteristiche di «non luogo» e «non tempo».
Poi, anche tra questi volumi, ci sono quelli insalvabili: in cui la metafora si dilata fino a sfarinare i contenuti tanto da renderli irriconoscibili se non fosse per la fascetta di copertina che – furbescamente – riporta la parola Shoah.

 

 

SCHEDA

La bibliotecaria di Auschwitz di Salva Rubio (Il Castoro, illustrazioni di Loreto Aroca, dal romanzo di Antonio Iturbe) è una graphic novel sulla vera storia di Dita Kraus. A 14 anni fu deportata ad Auschwitz: l’amore per i libri sarà la sua salvezza. Accanto a lei, ci sono il professor Morgenstern, Margit, Ota e Fredy Hirsch, un giovane ebreo carismatico che le affida la custodia di volumi trafugati. Quelle pagine, talvolta in lingue sconosciute, aiuteranno Dita Kraus a resistere. La «bibliotecaria di Auschwitz» custodiva i libri clandestini, veicolando le storie tra i prigionieri. Lei e sua madre furono spedite ai lavori forzati in Germania e poi al campo di concentramento di Bergen -Belsen. Nata nel 1924 a Praga, ora vive in Israele, dove con il marito è stata insegnante.