Chi ancora dubitava che in Bolivia ci sia stato un golpe dovrà necessariamente ricredersi. Perché tutto indica che le elezioni del 20 ottobre scorso – poi annullate per presunti brogli – Evo Morales le abbia vinte davvero. A riconoscerlo, adesso, è addirittura il Washington Post, attraverso la pubblicazione di un’analisi di due ricercatori del Mit Election Data and Science Lab, John Curiel e Jack R. Williams, secondo cui non ci sarebbe «alcuna ragione per sospettare l’esistenza di brogli» nell’ultimo processo elettorale. Considerando infatti sia la tendenza del conteggio rapido che l’assenza di variazioni statistiche significative nelle preferenze registrate dopo la controversa interruzione del Trep (il sistema di trasmissione dei risultati preliminari), «è assai probabile» che Morales abbia ottenuto realmente quel vantaggio superiore ai 10 punti che gli avrebbe assicurato la vittoria già al primo turno. Di più: attraverso ben mille simulazioni realizzate sulla sola base dei voti verificati prima dell’interruzione del Trep, Curiel e Williams hanno «scoperto che Morales poteva aspettarsi un vantaggio di almeno 10,49 punti sul suo diretto concorrente».

Per l’Organizzazione degli stati americani, che, denunciando la presunta frode, aveva spianato la strada al golpe, i risultati del rapporto pubblicati giovedì dal Washington Post non possono che suonare come un duro atto d’accusa: «L’analisi statistica e le conclusioni dell’Oea sembrerebbero profondamente difettose», affermano i due analisti del Mit, precisando di aver contattato l’organismo ma di non aver ricevuto alcuna risposta. Un silenzio che il segretario generale dell’Oea Luis Almagro, sempre così ciarliero sulle reti sociali, non sembra avere alcuna intenzione di rompere. Si è invece naturalmente fatto sentire Morales, che, su Twitter, ha definito l’analisi – che, non dimentichiamo, segue almeno altri tre rapporti giunti alle medesime conclusioni – «una prova ulteriore del monumentale furto orchestrato da Mesa, Áñez, Camacho e Almagro ai danni di tutti i boliviani».

E di certo l’ex presidente si starà ancora mangiando il fegato per essersi fidato dell’Oea demandandole il compito di verificare la correttezza o meno del processo elettorale e accettando come vincolanti le sue conclusioni. Una beffa a cui si è aggiunta ora anche la sua esclusione dalle elezioni – queste sì a rischio brogli – del prossimo 3 maggio.