I tempi erano quelli delle indagini di Sarti Antonio, lo sbirro berlingueriano che nella Bologna inquieta e ferita, tra la fine degli anni ’70 e il debutto del nuovo decennio, si faceva dare una mano in ogni inchiesta da un «gruppettaro» come Rosas, precario dell’università soprannominato «il talpone» perché dotato dell’acume investigativo che mancava all’amico in divisa.

Lo scrittore Loriano Macchiavelli

Dalla stagione del «questurino e una città», dal titolo di una raccolta di storie di Sarti Antonio del 1979, il passo ad osservare l’intera realtà del Paese era in realtà breve: perché non solo agli occhi di Loriano Macchiavelli (1934), decano del poliziesco nostrano, attivo da oltre cinquant’anni e con decine di opere all’attivo, molte delle vicende italiane più complesse passavano proprio per Bologna.

Uscito nel 1989, quando Macchiavelli firmava le sue digressioni in chiave di spy story con lo pseudonimo di Jules Quicher, Funerale dopo Ustica torna ora per Sem (pp. 522, euro 20) in una nuova versione aggiornata e ampliata che aggiunge al testo dell’epoca «i pochi segreti emersi nelle successive indagini sulla drammatica strage» del 27 giugno del 1980, quando un aereo della compagnia Itavia precipitò in mare non lontano dall’isola Ustica causando la morte di 81 persone tra passeggeri ed equipaggio.

Con questo romanzo, che lo stesso Macchiavelli presenta oggi al Salone del libro di Torino – ore 12,45 Padiglione 3 area esterna, Sala Bianca – non si è cercato solo di fare luce su una delle vicende meno chiare della recente storia nazionale – «Quello che sapevo dei misteri italiani, ha spiegato più volte l’autore, lo avevo desunto dalle inchieste rese pubbliche e che ben pochi perdono tempo a leggere» -, ma si è proposta, ben prima che diventasse una pratica inflazionata, una sorta di «via narrativa» alle vicende del Paese che, spesso in mancanza di altre risposte, merita di non essere sottovalutata.