La regina delle lotte, quella più urgente, quella che ci dirà se l’Italia è ancora un paese democratico o meno, è quella contro l’autonomia differenziata. Lo dico da centocinquant’anni di Questione Meridionale, lo dico da un posto, Napoli, deprivato di risorse ma estremamente virtuoso, in cui purtroppo gli apparati non significano più nulla, ma le persone sì, e le persone fanno la differenza.

Purtroppo perché lo stato sociale dovrebbe essere un luogo sicuro dove ognuno dà e da cui ciascuno riceve senza dover contare sull’eccellenza bensì sul rigore dell’esercizio. Ora qui da noi non è così: qui da noi in edifici fatiscenti trovi neuro psichiatri pieni di competenza e umanità che con un verbale fatto bene ti salvano la vita. Su stradoni ingorgati di traffico senza fermata di metro si ergono istituti tumorali d’eccellenza, dentro ospedali sporchi brillano reparti limpidi. Tra le barelle passano lampi di competenza, il medico di base ha troppi utenti ma ti richiama appena può e non bada a orari: c’è.

Qui ancora ci si viene a laureare da tutto il Sud, qui ancora si fa ricerca, si scoprono farmaci innovativi, ci si viene a curare.

Da tutto il Sud ci si viene a curare a Napoli perché, nonostante centocinquant’anni di questione Meridionale, Napoli regge, riesce a soddisfare la presa in carico che la storia le ha consegnato. Non è giusto, non dovrebbe essere così ma è così.

Quando tutto questo sarà svuotato ulteriormente di economie centrali non ci sarà competenza né volontarismo né abnegazione che tenga. Chi potrà permetterselo emigrerà verso il privato e chi potrà permetterselo emigrerà verso nord e chi non potrà permetterselo morirà prima, come in Cristo si è fermato a Eboli, trecento chilometri più a nord, verso Roma.

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Questo scenario credo sia verosimile e chiaro a tutti.

Eppure, mi preoccupa di più la scuola. Mi preoccupa di più la ricaduta che l’autonomia potrà avere sulla scuola, perché anche nelle scuole è così: che manca tutto ma la differenza la fanno le persone, le maestre, i professori, gli insegnanti di sostegno, gli assistenti materiali.

C’è un mondo meraviglioso che la mattina, anche se non quadrano i conti, fa quadrato attorno ai cittadini di domani, e li protegge dall’ignoranza, dall’abbrutimento, dalla violenza. E così facendo dà loro gli strumenti per proteggersi anche dalla povertà.

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Ai genitori qui appare chiaro che a scuola si va per essere meglio, esiste ancora l’idea che l’emancipazione passa per il sapere e che lì dentro ci sono i libri che altrimenti non vedresti, le spiegazioni che nessuno sa darti, a volte la mensa: ché altrimenti non mangi.

Qui ancora si sa che tra la terraferma dove sta la scuola e l’isola dove sta l’istituto detentivo minorile più famoso della tv c’è solo un braccio di mare. E che sono contrapposti: la scuola salva. La scuola salva la democrazia, questa è la verità: dentro la scuola gli squadrismi, i razzismi, le xenofobie non entrano perché dove c’è la storia non c’è posto per il fascismo. I voti dei fuori sede ne sono la dimostrazione. La scuola pubblica è il posto dove anche se non fai politica la stai già facendo: i ragazzini vengono da famiglie diverse, da passati diversi, da condizioni diverse e da abilità diverse e la scuola pubblica li siede nei banchi assieme e li protegge.

Dove c’è la comunità non ci sono fascismi, i fascismi crescono nella separazione, sui nemici, sui confini. In quel video di Fanpage la cosa più inquietante era vedere l’eterodirezione di queste teste vuote, come è facile manovrare chi non sa nulla perché gli dici cosa fare e lo fa.

I nipotini dei fascisti stanno preparando una generazione di teste vuote a cui affidare ordini. Bisogna riempire le teste, bisogna difendere la scuola pubblica del Sud perché è l’ultimo argine. Non bisogna permettere che venga depauperata di risorse, che non ci siano più i soldi per i progetti speciali, per le unità in più, per la ristrutturazione delle palestre, per il tempo pieno e quello prolungato, per i corsi pomeridiani.

Questa è la lotta che va fatta ora: la sinistra può dimostrare la propria esistenza e resistenza qui.