Il quesito contro l’autonomia differenziata è stato depositato ieri mattina in Cassazione («Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n.86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?»). Ma la vera battaglia, quella «culturale», come dice la costituzionalista Alessandra Algostino, comincia ora.

IL PERCORSO, dal punto di vista burocratico, è ancora lungo e «i rischi per l’ammissibilità sono diversi», spiega la professoressa, ma intanto comincia la campagna sul territorio. «La raccolta delle firme e la campagna di comunicazione sono fondamentali anche per una battaglia culturale che metta in luce i pericoli dell’autonomia e l’attacco all’uguaglianza e alla garanzia dei diritti sociali – dice Algostino -. Questo progetto è un passo deciso nella progressiva demolizione dello stato sociale». La professoressa ieri era a piazza Cavour con i referenti dei partiti e delle associazioni. Una presentazione affollata, che la costituzionalista registra come un dato positivo: «C’era un fronte unico tra le forze politiche e le associazioni che animano la società civile. Il legame effettivo lo si vedrà nei banchetti ma è importante, al di là del referendum, che si sia trovato un modo per ricostruire una dinamica più viva tra società e circuito politico rappresentativo».

OLTRE AI PARTITI del centro sinistra e a Cgil e Uil c’erano anche il Forum Diseguaglianze e Diversità, Arci, Acli, Anpi, Libera, Rete dei Numeri Pari, Ali (Autonomie Locali Italiane, che offrirà la sua sede di via delle Botteghe Oscure al neonato comitato), il Coordinamento Nazionale comunità di Accoglienza – Cnca, Legambiente, Wwf, diverse sigle di sindacati studenteschi, e comitati come quello NoAd, il Coordinamento per la democrazia costituzionale di Massimo Villone, La via Maestra. Anche Landini ha usato il termine battaglia: «Di fronte a una crisi della democrazia con tante persone che non partecipano più alle elezioni perché non si sentono rappresentati – ha affermato il segretario generale della Cgil – è il momento di mettere in campo strumenti che permettano ai cittadini di decidere direttamente della loro vita».

«SE GIOCHEREMO la partita mobilitando il Paese, raccontando davvero quale disastro produrrebbe nelle vite di tutti e tutte – ragiona Giuseppe De Marzo, coordinatore nazionale della Rete dei Numeri Pari – non avremo solo impedito questo obbrobrio ma rilanciato il dibattito sulle vere priorità politiche». Anche per il presidente dell’Arci, Walter Massa la sfida, oltre a quella di raccogliere le 500 mila firme necessarie entro il 30 settembre, è quella di «far capire ai cittadini l’importanza della loro partecipazione per fermare questo scempio, difendere le conquiste democratiche sancite dalla Costituzione e l’unità della Repubblica nata dalla Resistenza». Il disappunto evidente di parti sociali e associazioni deriva dal non essere stati consultati, se non del tutto ignorati. «Noi delle Acli nei mesi passati avevamo detto che questa riforma andava fermata, non è stato così – dice il vice presidente Antonio Russo – con le altre organizzazioni chiediamo ora l’abrogazione dell’autonomia differenziata, che rappresenta una pericolosissima deriva per la stessa democrazia».

UNA DECISIONE presa anche dal Wwf che racconta, attraverso la sua direttrice generale Alessandra Prampolini, di «aver provato, senza esiti, a portare all’attenzione del Parlamento il rischio che si corre. A questo punto l’unico modo è chiedere ai cittadini di abrogare questa legge attraverso il referendum».