Costo del carburante alle stelle, diesel più caro della benzina, cittadini e imprese sull’orlo di una crisi di nervi. Che sta succedendo? Prima di rispondere a questa domanda vale la pena ricordare come si calcola il prezzo di questi beni. Se ci fermassimo al prezzo industriale di un litro di benzina, maggiorato del guadagno dei distributori, lo stesso non dovrebbe essere superiore ad un euro e dieci. Ciò, anche considerando l’effetto boomerang delle sanzioni alla Russia e le tensioni geopolitiche legate alla guerra in Ucraina. Ma poi ci sono le accise e l’Iva.

Le prime (ben diciannove, dalla guerra in Etiopia al «Decreto fare» del 2014, passando per vari terremoti ed alluvioni) incidono per circa 73 centesimi su un litro di verde, mentre la seconda (al 22%) per circa 35 centesimi. Non da oggi, tuttavia, è anche la speculazione finanziaria a fare il prezzo dei carburanti, non solo l’offerta di greggio e i costi della raffinazione. Sulle piazze finanziarie si scambiano ogni giorni milioni di barili di petrolio virtuale: il «sottostante» di contratti «derivati» stipulati e negoziati a fini speculativi.

Al giorno d’oggi il prezzo del petrolio è legato, significativamente, all’andamento del mercato dei futures. Sono i barili virtuali che fanno il prezzo dei barili reali. Se poi di mezzo c’è una guerra che vede in campo il terzo produttore al mondo di petrolio la cosa assume un rilievo ancora più particolare. Semplice: scommettere sul rialzo del prezzo del petrolio è come una profezia che si autoavvera. Tutto qui? No, non proprio.

Un barile di petrolio a 134 dollari (il picco della settimana scorsa) non giustifica i due euro e mezzo per un litro di benzina alla pompa. C’è dell’altro. Il Codacons parla di «prezzi dopati da fenomeni speculativi tesi a sfruttare la delicata situazione in Ucraina, con guadagni a danno di consumatori e imprese», il ministro Cingolani, addirittura, di «colossale truffa». C’entra il comportamento degli operatori locali? Beh, una cosa è certa: la guerra e la speculazione finanziaria hanno determinato ovunque un rincaro dei prezzi del carburante, ma quelli che stiamo registrando in Italia sono tra i più scandalosi in ambito Ue (ci fanno compagnia Danimarca, Olanda e Germania).

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In qualche modo bisogna intervenire. Oltre ad un controllo su possibili «truffe» o forme di «aggiotaggio», nell’immediato non c’è altra strada che intervenire dal lato delle accise e dell’Iva (la Francia ha previsto uno sconto di 15 centesimi per quattro mesi). Anche solo temporaneamente, nella speranza che la bolla sui mercati si sgonfi.

Quanto varrebbe una manovra su Iva e accise da qui alla fine dell’anno? Stando alle stime della Ragioneria generale dello Stato, le entrate derivanti da queste tasse indirette si aggirano annualmente intorno ai 40 miliardi. Solo col taglio di alcune accise tra quelle più vecchie, con 6-7 miliardi di euro si potrebbe pertanto garantire uno sconto di 15-20 centesimi per ogni litro di benzina o di diesel. Una minore entrata comunque da compensare.

Come? Senza applicare la forbice ad altre voci di spesa del bilancio statale, non resterebbe che un nuovo scostamento di bilancio, ovvero – non necessariamente in alternativa – una tassa straordinaria sugli extra-profitti delle società che operano nel settore. Niente di eversivo, considerato che il governo aveva aperto a questa possibilità già lo scorso mese di gennaio, relativamente ai profitti addizionali delle imprese energetiche.

Siamo ad un bivio, d’altra parte. La guerra, la pandemia che non è ancora finita, l’inflazione e adesso lo shock energetico, richiedono una revisione radicale dell’approccio alla crisi, alla lunga crisi del capitalismo iniziata ormai più di quarant’anni fa. Se dal declino degli anni Settanta si uscì illusoriamente con quello che alcuni economisti hanno chiamato il «keynesismo privatizzato» (il debito come surrogato delle prestazioni del welfare e del reddito da lavoro per sostenere la domanda interna), da Lehman Brothers in poi abbiamo solo annaspato.

Crisi, polarizzazione della ricchezza, esplosione delle disuguaglianze: è così che siamo entrati nella pandemia e con questa ancora alle calcagna direttamente in una economia di guerra. Si prepara un nuovo attacco alle condizioni di vita di chi sta sotto? Paghi chi con le crisi si è arricchito. Il caro carburante è il primo banco di prova.