Il venticinque aprile è il nostro compleanno, è la nostra nascita, festeggiamo quello, è il giorno uno, il punto di arrivo della resistenza partigiana e il punto di partenza della vita repubblicana. Prima c’erano stati un regno, due guerre mondiali, e una dittatura scavata nell’abominio dell’olio di ricino, nei dissidenti presi a uno a uno nelle case, nei giuramenti estorti, nelle marce nere sulla capitale.

Questo era successo, e manco tanto tempo fa, solo cento anni fa, cento anni sono pochi e l’orrore della violenza è così palpitante nei discorsi delle nostre madri e dei nostri padri che sarebbe strano non ricordarlo sempre, non ergersi costantemente contro di esso, non indirizzare ogni nostro movimento nella vita sociale contro di esso.
La dittatura fascista sta là, ci guarda, mai come in questi giorni ci guarda: mai era successo dalla costituente di trovarci la destra estrema al governo senza una opposizione efficace dall’altra parte. Gli anni di piombo sono certo feroci, e quelli delle lobby, della P2 sono certo feroci, ma nulla è terribile quanto la dittatura.

Noi ci chiediamo continuamente: ma questa costituzione antifascista riuscirà a tenere a bada quella ferocia, quella violenza che alberga nella sua forma sbiadita? Michela Murgia avrebbe risposto: «Non crediate che il fascismo bussi a casa vostra con il fez». Da qui il motivo per cui questo 25 aprile è più sentito di altri e il manifesto chiama in piazza a Milano.

C’è un libro che io consulto sempre quando si parla di resistenza partigiana, è un testo di Grazia Gotti edito da Bompiani, si chiama 21 donne all’assemblea. Sono le ventuno madri costituenti, quindi certo è un testo che si rivolge a un periodo immediatamente successivo, ma cosa fa che queste ventuno donne siano scelte per partecipare alla stesura della Costituzione italiana? La risposta è: erano donne resistenti.

Sono ricche e povere, colte e ignoranti e vengono da ogni parte del paese, hanno storie diversissime. Leggere le loro 21 biografie è tremendo e bellissimo insieme.
Tremendo perché hanno storie di carcere e stupri, di privazioni e paura, sono donne che non rivedranno i loro figli, o li dovranno spedire all’estero e li rivedranno grandi, sono storie di donne che si lanciano dalla finestra la sera prima dell’esecuzione capitale, storie di donne con la pistola nella borsa e il rossetto sulle labbra, staffette che portano notizie, e staffette che dentro un ufficio postale intercettano le denunce fasciste affinché i loro compagni abbiano il tempo di salvarsi.

Sono storie di donne ignoranti che di notte vanno con le studentesse dell’università a scrivere sui muri. Bellissimo perché tutte queste storie convergono in un punto: intorno alla data dello sfondamento della linea Gotica la loro azione si fa sempre più intensa, i giorni e le notti sono segnati da una fibrillazione, da un tutto o niente che noi chiamiamo 25 aprile. Come sempre nelle storie di resistenza non sono solo loro: sono ciascuna delle loro sorelle, amiche, compagne, quelle vive e quelle morte, di cui abbiamo notizia e di cui abbiamo perduto il nome.

Qui si arriva e da qui si parte: loro, queste ventuno, ce l’hanno fatta, il loro impegno verrà riconosciuto, lasceranno i loro nomi di battaglia, i gradi di comandante o di niente conquistati sul campo ed entreranno con i loro abiti lisi nel palazzo a scrivere i principi a cui ciascuno di noi si rifà e deve rifarsi ogni giorno. Sono Maria Agamben Federici, Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elsa Conci, Filomena Dello Castelli, Maria Jervolino, Maria Fiorini Nicotra, Nadia Gallico Spano, Angela Gotelli, Angela Cingolani, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Lina Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Teresa Noce, Ottavia Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.
Buon compleanno.