Lo scorso 2 giugno, Volodymyr Zelensky arriva a Singapore allo Shangri-La Dialogue, il vertice sulla sicurezza dell’Asia-Pacifico, per “arruolare” i paesi del Sud-Est in vista della conferenza sulla pace in Svizzera. Ieri, dopo che a Lucerna l’unico leader politico della regione presente di persona è stato il presidente di Timor Est, il Vietnam ha srotolato il tappeto rosso sotto i piedi di Vladimir Putin. Una risposta a Kiev da parte del presidente russo che, reduce dalla magniloquente visita in Corea del nord, mostra di avere ancora degli amici oltre a Kim Jong-un. E peraltro un amico dal peso specifico non indifferente, visto che Hanoi non è solo un cruciale epicentro politico-commerciale a livello regionale, ma un sempre più fondamentale ingranaggio delle catene di approvvigionamento globali.

UNA DELUSIONE per Kiev, visto che il Vietnam ha fin qui mantenuto un buon rapporto con l’Ucraina, pur senza mai condannare l’azione militare russa. Nell’ultimo anno, Zelensky ha anche incontrato per due volte il premier Pham Minh Chin. Non solo: Hanoi ha persino mandato alcuni aiuti umanitari a Kiev. Un rapporto, come quello con Mosca, profondo sin dai tempi dell’Unione sovietica. Migliaia di vietnamiti hanno lavorato e studiato in quella che oggi è l’Ucraina, così come in Russia.
Atterrato nella capitale vietnamita alle prime ore del mattino, Putin è stato accolto in aeroporto dal vice primo ministro Tran Hong Ha e dal capo della diplomazia del Partito comunista Le Hoai Trung. Tra le prime azioni ufficiali, il capo del Cremlino ha deposto una corona di fiori al mausoleo di Ho Chi Minh, il leader del Vietnam del nord destinatario di una forte assistenza sovietica. Un’assistenza che è proseguita sul fronte alimentare e commerciale anche dopo l’isolamento internazionale del Vietnam riunificato, a causa delle sanzioni internazionali (a cui aveva aderito anche la Cina) per l’invasione della Cambogia di Pol Pot.
Non a caso, nel paese continua a esserci un’opinione favorevole della Russia, che negli scorsi decenni si è imposta in una posizione di quasi monopolio nella fornitura di armi ad Hanoi.

UNA POSIZIONE messa però a repentaglio dalla guerra in Ucraina, che ha ridotto le capacità di esportazione di Mosca, che anzi è stata costretta ad andare a caccia di assistenza militare altrove. A partire dalla Corea del nord. Nel 2014, il Vietnam aveva importato armi russe per un miliardo di dollari. Nel 2022, dopo la guerra, la cifra è letteralmente precipitata a 72 milioni. Tanto che Hanoi ha iniziato a cercare alternative. Non la Cina, con cui resta aperta una disputa territoriale nel mar Cinese meridionale, ma gli Stati uniti. Dopo aver ricevuto Joe Biden lo scorso settembre, in una visita ritenuta storica, il Vietnam ha alzato al massimo livello i rapporti col vecchio nemico e ha iniziato a trattare sottotraccia per ricevere dispositivi di difesa.

ECCO PERCHÉ Hanoi ha ricevuto Putin. Non una scelta, ma la necessità di dare garanzie al vecchio amico dopo il contropiede in direzione americana, confermando l’indipendenza della propria politica estera. Il capo del Cremlino ha incontrato tutti e quattro i “pilastri” del sistema vietnamita, a partire dal neo presidente To Lam e il segretario generale del Partito comunista Nguyen Phu Trong, il vero leader politico. Firmati diversi accordi di cooperazione, tra cui uno proprio sulla difesa.

I temi più sensibili, come l’approvvigionamento di armi, sono stati discussi privatamente e non sono arrivati annunci specifici. Ma la sensazione è che i risultati più concreti siano quelli sull’energia. Siglate partnership sulle forniture di petrolio e gas, ma anche sulle attività estrattive al largo delle coste vietnamite, non così lontano dalle acque contese con la Cina. Ulteriore segnale di autonomia strategica russa dal suo partner principale. Ripresi anche i colloqui per la costruzione congiunta di una centrale nucleare. Hanoi reputa importante l’assistenza tecnologica russa in un settore su cui punta per raggiungere gli obiettivi della transizione energetica.

COSÌ COME a Pyongyang, si è parlato anche dei sistemi di pagamento. Già nel primo trimestre del 2024, quasi il 60% dell’interscambio commerciale è stato effettuato con le due valute nazionali. Ma Putin ha chiesto di accelerare la tendenza alla dedollarizzazione. Il Vietnam, come sempre, ascolta e coltiva i propri interessi. Ha iniziato a farlo con Washington, continuerà a farlo con Mosca.