Il presidente ucraino Zelensky ieri deve essersi sentito come durante le prime settimane di guerra. Accolto a Bruxelles sul tappeto rosso dal presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, atteso dalle delegazioni dei Paesi baltici per la firma di accordi bilaterali e, soprattutto, pronto ad annunciare un nuovo impegno dell’Unione europea nei confronti del suo Paese.

TUTTO SI È SVOLTO secondo i piani: l’Ue ha stipulato con l’Ucraina gli impegni di sicurezza a lungo termine. I 27 membri dell’Unione si sono impegnati per lo stanziamento annuo di 5 miliardi di euro per la fornitura di armi a Kiev. Per tutto il giorno l’unico contrario è stato il premier ungherese Viktor Orbán, che al momento in cui questo giornale è andato in stampa non aveva ancora rimosso il suo veto. In ogni caso, come si legge nel testo dell’accordo: «il Fondo di assistenza all’Ucraina avrà un budget di 5 miliardi di euro per il 2024. Ulteriori aumenti annuali comparabili potrebbero essere previsti fino al 2027, sulla base delle esigenze dell’Ucraina e saranno soggetti all’orientamento politico del Consiglio». Inoltre, l’Ue «ha istituito lo strumento da 50 miliardi di euro per l’Ucraina per fornire sostegno finanziario nel periodo 2024-2027». Di quella cifra totale 7,9 miliardi di euro sono stati già erogati. Bruxelles ha inoltre ufficializzato l’utilizzo degli extra-profitti derivanti dall’immobilizzazione delle risorse russe per sostenere Kiev. Ancora una volta si legge l’espressione: «L’Unione europea è determinata a continuare a fornire all’Ucraina e al suo popolo tutto il necessario sostegno politico, finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario e con l’intensità necessaria». In altri termini, se pure la pace dovesse arrivare tra diversi anni, Bruxelles si impegna a mantenere l’Ucraina dal punto di vista economico e, in parte, militare.

La prima questione non è da sottovalutare poiché quando si parla di aiuti si menzionano quasi esclusivamente gli armamenti. Ma uno stato che non produce e ha enormi difficoltà a esportare i propri prodotti è uno stato fallito. Senza soldi non si potrebbero più pagare gli stipendi ai militari, la benzina per i mezzi, le riparazioni delle centrali energetiche e le migliaia di vigili del fuoco, impiegati, tecnici e lavoratori che permettono alla macchina bellica di continuare a funzionare e agli uomini al fronte di poter combattere. Anche se il presidente ucraino nei suoi discorsi pubblici (come in quello di ieri) continua a insistere sulla difesa aerea e sull’accelerazione delle consegne militari, è evidente che senza la sopravvivenza dello stato e dei suoi apparati non ci sarebbe nulla per cui combattere. Per questo, ieri, l’Ue ha fatto una scelta di campo molto più significativa di quanto si immagini: ha acconsentito a farsi carico della sopravvivenza delle istituzioni ucraine.

A QUALUNQUE COSTO? La domanda è lecita, se al fronte la situazione dovesse peggiorare significativamente, se Donald Trump dovesse essere eletto e attuasse davvero i piani che ha sbandierato durante la campagna presidenziale oppure, molto più verosimilmente, se la situazione nelle città ucraine dovesse diventare insostenibile per i civili non è semplice immaginare quale potrebbe essere la reazione di Bruxelles.

ZELENSKY insiste anche su un altro punto: non c’è tempo, bisogna sbrigarsi. L’ha ribadito anche ieri: «Ora dobbiamo prepararci per un secondo summit di pace». «Dobbiamo compiere i prossimi passi, ovvero redigere un piano dettagliato e metterlo sul tavolo e dobbiamo farlo nei prossimi mesi perché non abbiamo molto tempo, ci sono morti e feriti sul terreno». La postilla a quest’affermazione è degna di particolare attenzione: «Noi non vogliamo che il conflitto duri anni, Mosca invece punta a prolungarlo. Ma vogliamo negoziati alla luce del sole, non segreti». Queste affermazioni riassumono bene i possibili scenari del conflitto e dimostrano che il leader ucraino non solo ne è a conoscenza, ma li teme. Teme, ad esempio, che prolungare il conflitto a oltranza (con, è utile ribadirlo, la possibile elezione di Trump) farà defilare a poco a poco gli alleati. Sa che Mosca ha molti più soldati di Kiev e che produce le armi sul proprio territorio. Sa anche che i civili ucraini presto dovranno affrontare un altro gelido inverno, il terzo, e che i bombardamenti costanti sulle stazioni energetiche lasciano presagire una situazione al limite del catastrofico, con alcune regioni orientali già rassegnate ad avere corrente per sole 4 ore al giorno.

INFINE, Zelensky teme che le continue pressioni del Cremlino per trattare direttamente con Washington alla fine vengano accolte dalla Casa bianca e la telefonata tra i ministri della Difesa di due giorni fa deve aver fatto scattare qualche campanello d’allarme ai vertici di Kiev.