Mongolia da aggiornare
Asia Un paese ormai lontano dallo stereotipo tutto yurta e Gengis Khan, stretto tra Cina e Russia ma le cui risorse fanno gola a tutti. Nelle urne aperte oggi tradizione, inflazione e corruzione
Asia Un paese ormai lontano dallo stereotipo tutto yurta e Gengis Khan, stretto tra Cina e Russia ma le cui risorse fanno gola a tutti. Nelle urne aperte oggi tradizione, inflazione e corruzione
Nel 2019 su Youtube un gruppo folk-metal mongolo ha totalizzato 15 milioni di visualizzazioni, diventando un fenomeno globale. Il gruppo si chiama The Hu (che significa «essere umano»), mischia melodie heavy metal accompagnate da strumenti tradizionali mongoli, come il morin khuur, il violino a testa di cavallo e il khoomei, il classico e unico modo di cantare dei mongoli.
IL SUCCESSO DEI THE HU (che ha creato un’autostrada per tanti altri gruppi mongoli che si sono succeduti nel tempo) ha fatto scoprire a molti la Mongolia, un paese diventato pacificamente democratico dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, posizionato tra Russia e Cina, senza sbocco al mare e che oggi voterà per rinnovare il parlamento nazionale. Un voto considerato fondamentale nella storia recente del paese che, in trent’anni, ha restituito alla Mongolia molte vite, distanti dalla sua immagine storica a cui forse siamo rimasti un po’ agganciati.
I video dei The Hu, per rimanere in tema, in realtà non è che offrissero un’idea della Mongolia tanto diversa da quella stereotipata: steppe e Gengis Khan ovunque. Immagini che ormai sbiadiscono, perché la Mongolia è fortemente colpita dal riscaldamento climatico, i pastori sono sempre meno e moltissimi di loro sono tornati in città. Stanno per lo più nella capitale, dove abita un terzo della popolazione totale di 4 milioni di un territorio grande cinque volte l’Italia, e le loro tradizionali ger (le yurte) invece di sfidare i venti e il freddo del nord, o il deserto dei Gobi a sud, sono una specie di presepe post atomico a Ulan Batoor: ghetti senza acqua ed elettricità dove d’inverno si brucia carbone, facendo della capitale una delle città più inquinanti al mondo.
INSOMMA I THE HU hanno reso giustizia a un patrimonio culturale immenso, ma hanno confuso le idee. Le loro canzoni hanno fatto il resto: etichettate come nazionaliste, hanno registrato quanto accaduto nel paese dal 1992 a oggi; prima le elezioni, poi il recupero della storia di Gengis Khan, la lingua, le tradizioni messe sotto il tappeto dal socialismo sovietico. Ma se andiamo ad analizzare uno dei testi più famosi del gruppo, quello di Yuve Yuve, troviamo altro: un nazionalismo che in realtà chiede conto alla politica delle difficoltà della popolazione mongola.
Dal 1992, infatti, la Mongolia ha visto alternarsi due partiti sulla scena politica: il Partito popolare (erede del partito unico di epoca sovietica) e quello democratico, uscito dalle proteste del 1990 che cambiarono la storia della Mongolia. Due partiti accusati un po’ da tutti di corruzione, di lucrare sulla principale ricchezza del paese, cioè le risorse (carbone, rame, oro), di avere eseguito gli ordini di Fmi e di banca di sviluppo asiatica, creando una società diseguale, dove la povertà si fa sentire e dove chi può emigra.
Oggi dunque la Mongolia va al voto e secondo molti osservatori si tratterebbe di un appuntamento elettorale fondamentale: stretta tra Russia e Cina, la politica estera mongola si è basata sul concetto di «multi pilastro»: va bene la tradizione, quindi vanno bene Mosca e Pechino (a cui la Mongolia vende l’80% del suo carbone), ma c’è anche l’Occidente, in particolare gli Stati Uniti e la Francia (Macron è stato di recente in Mongolia per ottenere uranio).
E NON SOLO LORO: Papa Francesco è stato lì nel settembre del 2023. Il suo è stato il primo viaggio in assoluto di un pontefice in Mongolia ed è stato particolare: nel paese tradizionalmente buddista i cattolici sono circa 1500, pochi. Ma è stato comunque un segnale importante a livello internazionale per la Mongolia, un riconoscimento dei progressi fatti, anche in tema di libertà religiosa (oltre ad aver consentito al papa di affinare le relazioni sino-vaticane, a confermare la posizione strategicamente rilevante della Mongolia un po’ per tutti).
Quindi in primo luogo il test elettorale verificherà se questa linea del partito popolare andrà avanti o meno. Ma dal punto di vista politico interno ci si aspetta qualche novità. Quest’anno si votano i membri di un parlamento che sarà allargato: una recente riforma ha infatti stabilito che il numero dei deputati salirà dagli attuali 76 a 126.
A ULAN BATOOR SI DICE che così invece di avere 76 corrotti se ne avranno 126, tanto per capire l’aria che tira nei confronti dei politici. I seggi nuovi, quelli in più, saranno assegnati con sistema proporzionale e questo dovrebbe consentire a qualche nuovo partito di riuscire a entrare nell’agone politico nazionale.
Anche perché i mongoli andranno al voto principalmente guardando le proprie tasche: la povertà, la disoccupazione e l’inflazione sono i problemi principali sentiti dalla popolazione. A tutto questo si aggiunge la corruzione, considerata ormai endemica e a cui negli anni la popolazione ha risposto con grandi manifestazioni di protesta, la cui repressione ha fatto alzare l’ allerta per un rischio di involuzione della democrazia mongola.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento