Basta un rapido giro agli stand dei sindacati per scoprire che il gadget più richiesto, e già a metà pomeriggio ormai introvabile, è il cappellino rosso con la scritta «Make Italia Antifascista Again» con il quale quelli dello Spi fanno il verso allo slogan del loro coetaneo statunitense Donald Trump. «È andato a ruba», dicono con una certa soddisfazione i militanti mentre osservano piazza San Giovanni riempirsi e poi tracimare fino alle vie d’accesso. Il che consente loro di annunciare che in piazza si sono ritrovate duecentomila persone. Non un record assoluto, ovviamente, ma probabilmente un risultato insperato se si considera che la grande manifestazione di ieri è stata convocata meno di una settimana fa. E che era da quasi due anni, causa pandemia, che la macchina organizzativa sindacale non si rimetteva in moto per allestire un evento di queste dimensioni.

ALLA CHIAMATA di Cgil, Cisl e Uil («Ci abbiamo messo meno di tre minuti a decidere di scendere in piazza», racconta Maurizio Landini) hanno risposto in tanti e tante. In molti da tutt’Italia si sono presentati direttamente in piazza, ai piedi del grande palco con le insegne confederali, ma almeno altrettanti si sono mossi in corteo da piazza Santa Maria Maggiore. La manifestazione si muove fitta verso San Giovanni per almeno due ore, da qui si vedono sfilare le parti che la compongono. Il sindacato fa ovviamente la parte del leone e la Cgil è naturalmente la sigla più rappresentata. Molti i pensionati, si diceva. Ci sono anche numerosi esponenti dei metalmeccanici, in mezzo ai quali si riconosce lo striscione «Insorgiamo» degli operai della Gkn di Campi Bisenzio, ormai da settimane vertenza-simbolo della resistenza operaia possibile. Quelli della Funzione pubblica per un giorno cambiano la loro ragione sociale: si sono ribattezzati «Funzione partigiana» e indossano una pettorina che esorta all’«antifascismo militante». In mezzo al fiume di bandiere rosso-Cgil gli studenti dell’Udu, i giovani di Rifondazione e quelli di Sinistra italiana, l’Associazione per il rinnovamento della sinistra e alcuni collettivi di studenti delle scuole romane. Ci sono i volontari di Nonna Roma, organizzazione di mutuo soccorso che distribuisce aiuti alimentari in diversi quartieri della capitale. Poi lo striscione di Emergency e le bandiere di Libera, che ha annullato le sue manifestazioni in occasione delle giornate contro la povertà per aderire all’appello dei sindacati. «La violenza dei fascismi, dei razzismi e dei sovranismi – afferma don Luigi Ciotti – nasce dal veleno di una società disgregata e da una democrazia pallida dove troppi diritti sono parole dette o scritte sulla carta ma non si traducono in concreto». Relativamente pochi i migranti, anche se si nota la presenza di lavoratori di origine africana in alcune delegazioni Cisl, quella proveniente da Foggia e quella del comparto dei trasporti e della logistica. Si aggira, festeggiato da tutti col calore e la confidenza di quando si rivede uno di famiglia, Adelmo Cervi, terzogenito di Aldo, uno dei sette fratelli fucilati dai fascisti a Reggio Emilia nel 1943.

QUANDO IL CORTEO si mescola alla gente in piazza Luigi Sbarra, segretario generale della Cisl, ha appena cominciato a parlare. Bisogna stringersi oppure disporsi verso le mura aureliane, in fondo alla piazza. Qui sono appesi gli striscioni delle diverse sigle con falce e martello. Curiosamente, davanti a questa galassia comunistitaliana che rivendica almeno un pezzo di quella storia, si piazza Massimo D’Alema, che viene strattonato da diverse signore in cerca di un selfie. «Sarebbe stata ragionevole una risposta unanime», dice D’Alema. Tanto più che l’attacco continua in altre forme, visto che dal sindacato denunciano un attacco hacker «al sistema della comunicazione della Cgil, in particolare al sito Collettiva.it». Gli esponenti del centrodestra hanno ritenuto di non dover partecipare alla manifestazione. C’erano invece Enrico Letta, molti del Partito democratico, i ministri Andrea Orlando e Roberto Speranza. C’erano gli esponenti di Articolo 1. C’era il candidato a sindaco di Roma Roberto Gualtieri, che il giorno prima dal palco di piazza del Popolo aveva annunciato la sua presenza «con bandiera tricolore e Costituzione». C’erano, e questa è un debutto di rilevanza politica, gli esponenti del Movimento 5 Stelle in delegazione, con Giuseppe Conte che ha dialogato con Gualtieri. Ma c’erano anche i grillini che un tempo faticavano a rivendicare l’antifascismo come Luigi Di Maio, Paola Taverna, Dino Giarrusso, Carlo Sibilia.

INFINE, C’ERA Elio Vito, deputato berlusconiano che in questa legislatura diverse volte ha preso posizioni in controtendenza rispetto alla sua parte politica. Sua una delle battute più riuscite della giornata: «Non ero l’unico di destra – dice Vito – C’era pure Italia Viva».