Abbiamo chiesto a Salvatore Fachile, avvocato dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ed esperto del tema, un parere sulla sentenza della Corte di Strasburgo sulle persone salvate dalla Sea watch 3.

 

Come interpreta la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo?

Molto preoccupante. Sostanzialmente la Corte ha affermato di non avere competenza visto che le uniche persone in pericolo di vita erano già state messe al sicuro dal governo italiano. In termini giuridici questo equivale a dire che la sua giurisdizione poteva essere radicata, a fronte di un atto come il decreto di blocco della nave da parte di uno stato europeo, soltanto in un pericolo di vita. È come se la Corte si spogliasse giuridicamente della sua competenza a intervenire quando non esista un rischio di questo tipo, ma “soltanto” di maltrattamenti o di condizioni di vita non dignitose. Come quelle che obiettivamente stavano affrontando le persone a bordo della Sea Watch, che hanno subito torture documentate e comunque erano in condizioni di salute precarie. Seppur non in pericolo di vita. In questo senso, il passo indietro che fa la Corte è storico.

Gli avvocati di Sea Watch hanno giudicato la sentenza contraddittoria. Perché?

Perché prima la Corte dice di non essere giuridicamente competente, e quindi sostanzialmente se ne lava le mani, poi però chiude auspicando che il governo si prenda cura di queste persone. Oltre a essere contraddittoria, a me questa decisione pare ipocrita. La Corte ha un mandato di tipo giurisdizionale e deve decidere sui suoi strumenti giuridici. Se ritiene di non essere competente non ha alcun senso che poi aggiunga, per darsi una sorta di copertura etica, una raccomandazione senza alcun valore giuridico, auspicando che il governo non faccia morire nessuna delle persone a bordo. Da giurista, questa è la cosa più grave. La pronuncia è del tutto inaccettabile, anzitutto da un punto di vista giuridico e tecnico.

Questo passo indietro della Corte rispetto alla protezione dei diritti delle persone a bordo della Sea Watch un domani potrebbe riguardare quelli di qualsiasi cittadino presente sul territorio europeo?

Mi pare che, a fronte di una situazione politica avvertita come delicata, la Corte vada a intraprendere una strada a doppio binario. Tenere una sua competenza guadagnata nel corso del tempo rispetto alla tutela dei diritti dei cittadini europei. Ma allo stesso tempo mostrarsi disposta a cedere il passo rispetto a quelli dei cittadini non europei. Questo è un atteggiamento giuridico inaccettabile.