«Plurime criticità di ordine normativo, umanitario e costituzionale sul soccorso in mare». Sono parole pesanti quelle pronunciate ieri dal procuratore di Agrigento Giovanni Di Leo. Parole che hanno aperto un inedito scontro con il ministero dell’Interno. Il caso parte dalle undici salme recuperate dalla Geo Barents venerdì, o meglio: dal loro sbarco a terra. Alla nave di Medici senza frontiere, dove si trovano anche 165 naufraghi salvati in tre interventi, il ministero dell’Interno ha indicato il porto di Genova, dicendo però di trasbordare i corpi senza vita su una motovedetta della guardia costiera di Lampedusa per il trasferimento sull’isola.

IN QUESTO MODO la giurisdizione sui fatti, anche se avvenuti in acque internazionali, dovrebbe essere della procura di Agrigento, competente sulla maggiore delle Pelagie. Il fatto che la nave è stata spedita in Liguria, però, complica le cose sia in termini di competenza dei magistrati che di svolgimento delle indagini. «Ogni accertamento sul caso dovrebbe attendere l’arrivo nel porto di Genova di tutte le persone informate (equipaggio, persone salvate ecc..) ed essere svolto ovviamente con delega a quella autorità giudiziaria o alle forze di polizia», afferma Di Leo. Il quale spiega che se i colleghi di Genova ritenessero di essere loro competenti potrebbero «svolgere gli accertamenti urgenti sulle salme sbarcate a Lampedusa» solo dopo «diversi giorni dal loro trasferimento a terra e verosimile tumulazione».

Insomma la decisione del Viminale di far sbarcare morti e vivi in due porti lontani, invece che tutti a Porto Empedocle ad esempio, rischia di creare problemi seri. Il procuratore conclude la sua nota con un duro attacco alle decisioni ministeriali: «L’applicazione della legge penale, gli accertamenti previsti dal codice di procedura come obbligatori, la determinazione stessa della giurisdizione e della stessa competenza penale non può, secondo Costituzione, essere rimessa a decisioni discrezionali dell’Autorità politico-amministrativa, ma soltanto alla legge stessa». Un netto stop alla discrezionalità politica in casi come questo.

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PASSANO MENO DI DUE ORE e arriva la replica del Viminale, come a sbattere i pugni sul tavolo: «L’individuazione del place of safety (luogo sicuro di sbarco, ndr) costituisce prerogativa del ministero dell’Interno e quindi, sindacabile, in quanto tale, solo dalla giurisdizione amministrativa». A questo proposito viene richiamata la sentenza del Tar Lazio, su un ricorso proprio di Msf relativo a due vecchi sbarchi ad Ancona e La Spezia, che ha ribadito tale competenza perché «le operazioni di soccorso vanno inquadrate nel più ampio e complesso contesto del fenomeno migratorio via mare». Competenza, però, è diverso da arbitrio. Vedremo cosa deciderà il Consiglio di Stato che dovrebbe pronunciare a breve la decisione di secondo grado. Prima di farlo ha chiesto all’Avvocatura di comunicare i posti liberi in accoglienza nelle regioni dei due sbarchi e al Sud, visto che la motivazione ufficiale dei porti lontani è una migliore distribuzione dei migranti sul territorio nazionale. Obiettivo che, comunque, vale solo nei soccorsi delle ong.

Altre critiche al trasferimento delle salme a Lampedusa, dove negli ultimi giorni sono arrivate quasi 600 persone, le ha sollevate il sindaco Filippo Mannino. «Sull’isola c’è una piccola camera mortuaria. Da poco abbiamo montato due celle frigorifere che saranno collaudate solo la prossima settimana. Non siamo pronti a ospitare 11 corpi. Sono prevalse altre logiche», afferma piccato, lui che con il governo Meloni ha sempre avuto un atteggiamento disponibile. In ogni caso ha accolto i feretri con la fascia tricolore. Saranno ospitati nella sede dell’area marina protetta. In 24-48 ore dovrebbero essere trasferiti a Porto Empedocle con il traghetto di linea.

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INTANTO LA GEO BARENTS naviga verso nord. L’arrivo a Genova è previsto martedì. «Ho pensato tutto il pomeriggio a Gaza, a quanto deve essere orribile non poter gestire i corpi dei morti, che lì sono decine di migliaia», racconta da bordo Fulvia Conte. È una soccorritrice esperta, coordina le operazioni di salvataggio e non è la prima volta che si trova si trova a tirare su la cerniera dei sacchi destinati alle persone senza vita. «Ma non avevo mai visto niente di simile, credo non sia capitato a nessuna ong», dice.

Secondo il personale medico i corpi galleggiavano almeno da una settimana, forse due. Erano gonfi d’acqua e dunque molto pesanti. La pelle era sbiancata. Alcuni erano nudi, altri con dei vestiti. A volte era possibile riconoscere il sesso, altre no. Una donna sembrava incinta, la pancia era più grossa delle altre. Mentre un gommone di Msf raccoglieva le salme, distanti anche molti chilometri, un altro si è trovato a fare un soccorso: dal ponte erano stati avvistati 19 migranti che chiedevano aiuto. «Da un lato la vita, dall’altro la morte. A poche decine di metri», afferma Conte.

IERI, POI, LA OCEAN VIKING ha salvato 64 naufraghi e recuperato un altro cadavere. Ancora uno è stato avvistato dall’aereo SeaBird. Sono due corpi diversi, come in parte diversi erano quelli individuati dal velivolo e quelli recuperati dalla Geo Barents venerdì, nonostante coincidesse il numero totale: undici. Incrociando informazioni e posizioni i cadaveri sono almeno sedici. Non si sa se ce ne siano altri. Né se si sia trattato di un naufragio fantasma o di una strage con dei sopravvissuti, magari portati in detenzione dagli stessi libici che venerdì si sono rifiutati di mettersi alla ricerca dei corpi.