La Geo Barents ha recuperato ieri le salme di undici persone. Erano state avvistate dall’aereo SeaBid della ong Sea-Watch. Tra la notte di giovedì e l’alba di venerdì la nave di Medici senza frontiere aveva realizzato due interventi salvando 146 naufraghi: prima 37 cittadini del Bangladesh, da un barchino in vetroresina il cui guidatore è tornato indietro, e poi, grazie a un Sos lanciato da Alarm Phone, altri 109 migranti provenienti per la maggior parte dall’Etiopia.

Durante il secondo intervento il Viminale, attraverso il centro di coordinamento del soccorso marittimo dalla guardia costiera (Imrcc), ha comunicato il porto di sbarco: Civitavecchia. Dopo alcune ore una nuova mail ha modificato la destinazione: Genova, ancora più lontana, a oltre 1.200 chilometri di navigazione. Il solito gioco delle autorità italiane per mettere fuori gioco le navi che salvano vite umane.

Mentre la Geo Barents procedeva verso nord, però, è arrivata la segnalazione menzionata in apertura. L’aereo SeaBird aveva individuato tre corpi in mare. «Abbiamo provato a contattare una motovedetta libica, in inglese e in arabo via radio, affinché li recuperasse ma senza risposta. Per loro e per l’Unione europea queste persone non valgono nulla neanche da morte», fa sapere Sea-Watch. L’equipaggio di Msf ha chiesto all’Imrcc di poter invertire la rotta. Inizialmente ha ricevuto un rifiuto. L’autorizzazione è arrivata solo dopo nuove pressioni.

La Geo Barents ha sollecitato il supporto del velivolo civile. Rientrato nell’area delle operazioni SeaBird ha potuto individuare gli undici corpi portati a bordo della nave, che dispone di un obitorio. Durante questa drammatica operazione, che ha impegnato in mare anche il personale umanitario che generalmente rimane sul ponte di comando, è stato avvistato un altro barchino in difficoltà. L’equipaggio salvato così 19 persone.

In totale a bordo si trovano adesso 165 naufraghi. Oltre alla nazionalità citate, le persone vengono da Eritrea, Siria, Nord Sudan, Gambia, Egitto e Ghana. Otto le donne e 38 i minori. Li attende un viaggio di diversi giorni verso la destinazione indicata dall’Italia.

«Non possiamo essere sicuri di aver recuperato tutte le persone annegate nel naufragio – afferma il capomissione di Msf Juan Matias Gil – Quello che è successo non è un incidente, ma la conseguenza delle politiche migratorie che ci tengono lontani dall’area dei salvataggi e non mettono in campo un dispositivo istituzionale di ricerca e soccorso. Ogni volta ci troviamo costretti a trattare con istituzioni criminali».

Gil ribadisce quanto detto da Sea-Watch: «La guardia costiera libica ha ricevuto le comunicazioni relative a tutti gli eventi. Non è mai apparsa. Nemmeno per andare alla ricerca dei cadaveri di queste persone». Sono questi i partner a cui i vari governi italiani, quello di Meloni per ultimo, hanno deciso di affidarsi.