Roma, 25 aprile. La mattina comincia a porta San Paolo dove si fronteggiano due gruppi contrapposti: la Brigata ebraica da un lato; gli attivisti pro Palestina dall’altro con i cartelli «Fuori i genocidi dalla storia, con la Resistenza sempre». In mezzo un imponente spiegamento di forze. Un terzo gruppo esibisce lo striscione «Ebrei antisionisti». La tensione sale in un attimo, scoppiano petardi. Dalla Brigata ebraica partono sassi, anche all’indirizzo dei giornalisti, con un tentativo di forzare il cordone per arrivare allo scontro fisico.

Persino il lancio di barattoli di cibo verso i pro Pal, un gesto offensivo che allude alla fame a cui sono costretti a Gaza. Alla fine la tensione cala e il primo gruppo si disperde, mentre gli attivisti restano a Porta San Paolo prima di essere fermati all’altezza della Fao, al Circo Massimo, ancora dalle forze dell’ordine. Ai pro Pal la Brigata ebraica ha urlato «terroristi» e «assassini». Un uomo con la bandiera di Israele e la foto di una degli ostaggi di Hamas ha inveito contro una manifestante: «Devi fare la fine delle donne ebree del 7 ottobre, devono stuprare anche te. Sei una razzista».

Il presidente dell’European jewish association, Riccardo Pacifici, ha poi spiegato: «La comunità ebraica di Roma insieme all’Ucei ha promosso la deposizione della corona a Porta San Paolo, una consuetudine. Si è creata tensione perché le organizzazioni arabe hanno detto che sarebbero venute per cacciare i sionisti dalla piazza. Hanno tentato di umiliarci. Per evitare scontri si è deciso di sciogliere la manifestazione». Sui lanci (due cronisti feriti) ha replicato: «Sono stati lanciati solo un sasso e una scatola di piselli. Non è stato questo che ha creato problemi. Molto più grave è stata la presenza di chi voleva riscrivere la storia. Vogliamo ricordare che gli arabi durante la guerra erano dalla parte dei nazisti».

Elisabetta La Pera ha poi raccontato: «Mi trovavo da sola, avevo appena parcheggiato il motorino per raggiungere il corteo quando sono arrivati. Mi hanno avvolto con la loro bandiera, sputato e insultato. Erano una decina di uomini, presumibilmente della brigata ebraica». Elisabetta voleva raggiungere la fine del corteo che da Tor Marancia ha raggiunto Porta San Paolo, circa 5mila persone, tante bandiere della Palestina, colonna sonora da Caparezza a Bella ciao. «Contro guerra e genocidio: Resistenza» lo slogan più urlato.

Un corteo che è andato avanti pacifico. Livia, 18 anni, frequenta il liceo Socrate: «Il governo prova a oscurare la storia della resistenza partigiana. Il 25 aprile tocca a noi raccontarlo, a chi è attivo tutti i giorni». E Giovanni, 60 anni: «È più importante stare qui quest’anno perché la destra di governo è erede dell’Msi. Governano ma devono ricordarsi che non comandano». Michela Arricale è avvocata, copresidente del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia: «Il lascito più importante della Resistenza è la Costituzione, in particolare gli articoli sull’uguaglianza. Non esistono persone di serie A e di serie B. Per questo siamo accanto alla resistenza palestinese». Presente anche il padre di Ilaria Salis: «Sono qui per lei, mia figlia è antifascista e questa è casa sua. Sono qui a rappresentarla fintanto che non può venire con le sue gambe».

A Roma si è commemorato la Liberazione anche al Quarticciolo. Al Largo delle Terme Gordiane alle 10 c’erano già diverse centinaia di persone che attendevano la partenza del corteo. Uno dopo l’altro, sono confluiti nella piazza piccoli spezzoni, composti in maggioranza da giovani studenti e studentesse. Al rosso delle bandiere antifasciste si mischiavano i colori di quelle palestinesi, curde, Lgbtq+ e della comunità Rom e Sinti. La manifestazione qui è stata organizzata da una «rete di realtà dal basso antifasciste di Roma est, ma che si è estesa ai collettivi studenteschi di tutta la città» dice Michele, uno degli organizzatori. Al microfono si susseguono interventi di solidarietà al popolo palestinese, di denuncia delle condizioni nelle carceri, dei collettivi di lotta per la casa. «Necessario portare l’antifascismo e le lotte in piazza non solo in questo giorno» dice Federico, 19 anni. Colori, musica, sorrisi, spiega Patrizia, una maestra del quartiere: «È il punto di arrivo e il punto di partenza per liberarsi ora, liberarsi ancora». Finale alla Palestra popolare del Quarticciolo.