Il velo che ha nascosto la Palestina per anni è caduto il 7 ottobre 2023. Per lungo tempo sono state pochissime le pubblicazioni nel panorama editoriale italiano, a differenza di altre latitudini: nel mondo arabo e in quello anglosassone saggi e ricerche non hanno mai cessato di gettare nuova luce sulla questione. L’assenza della Palestina da media e saggistica è imputabile all’adesione passiva alla narrazione del più longevo primo ministro israeliano, Benyamin Netanyahu: l’occupazione coloniale non andava risolta, ma gestita. Fatta sparire dagli occhi della società israeliana e da quelli del resto del mondo, nell’idea che i palestinesi si fossero ormai assuefatti a una vita senza libertà.
Da nove mesi, in Italia, gli scaffali delle librerie sono tornati a riempirsi. Se molti sono instant book di opinionisti con poche conoscenze pregresse e zero lavoro sul campo, è possibile anche scovare testi che tentano di guardare dentro, e oltre. Tra questi Palestina Israele. Parole di donne, a cura di Alessandra Mecozzi e Gabriella Rossetti, pubblicato da Futura Editrice (pp. 240, euro 15). Pensato mesi prima dell’attacco di Hamas in Israele e dell’inizio dell’offensiva israeliana contro Gaza, raccoglie le voci di attiviste, politiche, intellettuali, giornaliste palestinesi e israeliane, molte provenienti dai movimenti femministi e dai partiti della sinistra, altre dal mondo della cultura, da geografie diverse e da diverse generazioni. Tutte impegnate nella lotta comune contro il colonialismo e le tante forme assunte dal patriarcato, dalla guerra permanente al controllo sociale.

LA LOTTA COMUNE contro la guerra e, come dice il sottotitolo, «per la liberazione collettiva» è il filo rosso del libro Combattenti per la pace edito da Multimage e Pressenza, a cura di Daniela Bezzi (pp. 146, euro 12). Attraverso le testimonianze dei protagonisti, israeliani e palestinesi, ex militari, ex combattenti, attivisti pacifisti, ripercorre la storia del movimento Combatants for Peace, una realtà ormai ventennale che sogna una terra condivisa, una società binazionale che superi colonialismi e apartheid.
È un mosaico di storie il libro della giornalista Cecilia Gentile, Bambini all’inferno, edito da Pagine (pp. 96, euro 13), in cui l’autrice ripercorre i suoi viaggi in Palestina attraverso le voci dei bimbi incontrati, ognuno custode di un pezzo della storia comune: sogni, dolori, perdite, speranze ma anche condizioni di vita (e di morte) estreme che l’attuale offensiva su Gaza ha portato a nuovi apici.

C’È POI UN’ALTRA piccola perla, uscita quest’anno per Meltemi, che ha il pregio di raccontare la Palestina attraverso la sua produzione letteraria. Ignorare l’assenza. La letteratura palestinese nell’immaginario italiano di Valeria Roma (pp. 302, euro 20) è una guida che accompagna dentro i tanti fiumi della narrazione palestinese, dalla più antica alla più moderna, da quella nata in esilio a quella custodita nella voce di chi è riuscito a rimanere nella propria terra.

TROVIAMO una accanto all’altra opere che sono pietre miliari – Uomini sotto il sole e Ritorno ad Haifa di Ghassan Kanafani, uno dei più importanti intellettuali palestinesi ucciso dal Mossad a Beirut; La trilogia palestinese del poeta nazionale Mahmoud Darwish; Il Pessottimista dello scrittore e politico comunista Emil Habibi – e i romanzi dell’ultima generazione, con la stupefacente Adania Shibli (Un dettaglio minore) e le penne taglienti e ironiche di Susan Abulhawa e Suad Amiry. Fino alla produzione che sta arricchendo la letteratura italiana, con le opere prime di palestinesi di seconda e terza generazione, alla ricerca dei pezzi che compongono complesse identità.

DIVISO IN CINQUE macrocapitoli, i grandi temi della vita collettiva, le aspirazioni individuali, la terra, l’infanzia e la guerra sono indagati utilizzando come bussola gli oggetti della vita quotidiana – il pozzo, il baule, il caffè, il sapone, l’orologio, il taccuino… – e i simboli della natura palestinese – le nespole, il gelsomino, il geco, le olive… – a comporre un quadro fatto di espulsione forzata, familiarità, morte, paura e ricordo, impreziosito da estratti dei romanzi citati nelle antologie alla fine di ogni capitolo.
Ignorare l’assenza ha il merito di non indugiare nella retorica, ma di dare conto della ricca produzione letteraria palestinese senza compiacimento. Critico verso i testi considerati più superficiali, esaltante di quelli che danno indietro la complessità di una realtà per nulla appiattita, il libro sbalza avanti e indietro nella storia della Palestina, secondo un ordine concettuale che supera quello cronologico e che affianca diversi punti di vista, quelli disillusi di chi è rimasto e quelli sognanti dell’esiliato. Con un obiettivo dichiarato: 76 anni dopo, Israele non è riuscito a fare tabula rasa del passato e a silenziare il presente, a imporre la visione di una terra senza popolo e di un popolo senza radici.