A poche ore dalla sconfitta, Almaviva è passata alla ritorsione. Appena ricevuta la sentenza del tribunale di Roma che intimava il reintegro di 153 lavoratori – che avevano rifiutato il ricatto salariale e per questo sono stati licenziati in modo «discriminatorio» – l’azienda ha preparato le raccomandate recapitate ieri mattina. «Oggetto: richiamo in servizio». A riga 4 si legge: «Lei dovrà pertanto presentarsi presso la sede di Catania in località Misterbianco il giorno 24 novembre alle ore 9».
LA MOTIVAZIONE del trasferimento era già stata anticipata nel comunicato stampa di giovedì: «la sede di Roma è chiusa». Peccato che in realtà a Roma in questi mesi siano stati assunti moltissime persone con contratti precari. Ma nell’intimare ai reintegrati di trasferirsi nel giro di sei giorni a 600 chilometri in linea d’aria – le sedi di Napoli, Milano e perfino Rende sono più vicine – , «Almaviva non rispetta il contratto nazionale che prevede un preavviso di 25 giorni ed una convocazione sindacale – spiega l’avvocato dei reintegrati Pier Luigi Panici – per questo impugneremo gli atti con ricorso d’urgenza. L’azienda sta perdendo la testa», commenta.
«QUANTO AVVIENE è inaccettabile. L’azienda deve ritirare i trasferimenti», dichiara Stefano Fassina (Si) che annuncia una interrogazione parlamentare «al ministero dello Sviluppo economico che dopo aver assistito passivamente ai licenziamenti discriminatori e che a dicembre scorso criticava i lavoratori che non avevano accettato le imposizioni di Almaviva, ora cosa intende fare?», chiede polemicamente.
Almaviva non è nuova a comportamenti di questo tipo. Qualche settimana fa intimò a 53 lavoratori di Milano – che avevano bocciato un altro accordo sindacale al ribasso – di trasferirsi a Rende.
NON È UN PERIODO FORTUNATO per Almaviva. Ieri è arrivata un’altra sentenza che rischia di provocare altri danni patrimoniali (gli stipendi da pagare ai 153 reintegrati si stimano sui 3 milioni) alla multinazionale regina dei call center della famiglia Tripi. Un altro giudice del lavoro di Roma – Antonio Maria Luna – ha accolto il ricorso di 15 lavoratori preacri contro la Gse (Gestore servizi energetici) condannando la società – stazione appaltante pubblica di proprietà del ministero dell’Economia – all’assunzione dei lavoratori a tempo indeterminato sin dall’origine del rapporto di lavoro. E ha annullato, dichiarando «illecito», l’appalto vinto proprio da Almaviva per il Contact center sulle energie rinnovabili come esternalizzazione dell’attività finora portata avanti dagli stessi lavoratori. L’appalto doveva partire il 27 novembre e valeva circa 40 milioni. Che rischiano ora seriamente di svanire per Almaviva.