«Un tempo si parlava solo di film, delle angosce che erano legate a una selezione, se i titoli scelti sarebbero stati amati o detestati. Ci piacerebbe fare un Festival senza polemiche per rimettere il cinema al centro, sono i film a parlare, se li scegliamo non è per un soggetto ma per la loro forma estetica o artistica, che esprime un dialogo col mondo». Thierry Frémaux, nel corso del consueto incontro con la stampa internazionale alla vigilia del Festival minimizza le discussione accese nei giorni scorsi. Si parla dei film, del ritorno di Coppola, dell’India di nuovo in gara – con All We Imagine As Light di Payal Kapadia – dopo trent’anni di assenza. Del Brasile e della sua esplosione di una nuova vitalità, della Cina tornata sulla Croisette con grande energia – in concorso c’è il nuovo film di Jia Zhang-ke, Caught by the Tides ma fra gli altri c’è anche Lou Ye con An Unfinished Film. E di Francis Ford Coppola che ha proposto «con umiltà, come un giovane autore» il suo Megalopolis. O di Greta Gerwig, alla guida della Giuria che assegnerà la Palma d’oro, «giovane, cinefila e coltissima. La figura ideale in cui si riflette lo spirito del Festival di Cannes. Abbiamo molto amato Barbie, Gerwig ha saputo entrare nel blockbuster mantenendo uno spirito indie».

I NODI però rimangono, e con loro le domande e la possibilità di perturbare l’edizione numero 77 che si apre oggi con il film di Quentin Dupieux, Le deuxieme act, nelle sale francesi lo stesso giorno. Il primo riguarda l’annunciato sciopero dei lavoratori e delle lavoratrici dei festival francesi per ottenere un migliore statuto contrattuale che garantisca la disoccupazione come stabilito dal contratto nazionale dello spettacolo da cui appunto chi lavora nei festival è escluso. Il collettivo Sous les ecrans la déche, che da tempo si mobilita contro il precariato dei freelance nei festival, ha lanciato un appello allo sciopero generale a Cannes in mancanza di risposte concrete, e a fronte di un inasprimento della precarietà con l’entrata in vigore dal prossimo luglio delle nuove riforme che renderanno ancora più difficile avere accesso a una indennità per chi ha contratti a breve termine. Domenica scorsa il cocktail di benvenuto per i lavoratori e le lavoratrici di Cannes è divenuto un palco per la protesta, con l’invito dei rappresentanti di Sous les ecrans la déche (la petizione online è stata firmata da oltre 400 fra registi, registe, attori fra cui Louis Garrel, Dupieux, Justine Triet…) a scioperare per difendere i propri diritti. «Non c’è un solo festival in tutto il mondo che si può fare senza lavoratori qualificati, l’ufficio delle Risorse umane del Festival di Cannes ha aperto un dialogo con i lavoratori già molto prima della dichiarazione di sciopero, e al tempo stesso è in costante contatto col Ministero del lavoro per capire se si riesce a accogliere le loro richieste. E questo al di là dello sciopero, ma perché in assoluto è importante confrontarsi con questa situazione sociale» ha detto sull’argomento Frémaux.

Thierry Frémaux
Un tempo si parlava solo delle angosce legate a una selezione, se i titoli scelti sarebbero stati amati o detestati. Se li scegliamo non è per un soggettoL’altro punto critico è la cosiddetta «lista dei 10» apparsa su X causando una deflagrazione nell’ambiente cinematografico d’oltralpe. Di che si tratta? Di un elenco con dieci nomi importanti di «giovani protagonisti del cinema francese tra i trenta e i quarant’anni» che sarebbero coinvolti in vicende di abusi, e tra di loro ci sarebbero anche figure presenti nella selezione ufficiale sulla Croisette. La fantomatica lista, molto discussa su testate francesi e internazionali ora è scomparsa. Ma rimane aperta la possibilità di una pubblicazione durante il Festival, anche perché a quanto riportato dal quotidiano «The Guardian» i nomi sarebbero finiti sul tavolo del CNC, il Centro del finanziamento del cinema francese. Frémaux ha preferito non commentare: «Le polemiche inesistenti non vanno amplificate» ha risposto.

DI CERTO il Festival manifesta un’estrema attenzione alle questioni di genere, che si sono imposte in questi mesi con forza, a cominciare dall’equilibrio della selezione – tra registi e registe, cosa per esempio inesistente alla Mostra di Venezia. Sulla Croisette ci sarà con il suo cortometraggio da regista anche Judith Godrèche, l’attrice che è divenuta il simbolo del Me Too francese dopo la presa di parola contro gli abusi di cui è stata oggetto, denunciando Benoit Jacquot e Jacques Doillon per averla violentata quando aveva quindici anni. Se Doillon ha nettamente respinto ogni accusa dicendo che per le scene girate Godrèche aveva dato il suo consenso (si tratta di La fille de 15 ans), Jacquot ha ammesso che hanno avuto una relazione quando lei era minorenne ma che lui non l’ha mai offesa in alcun modo.

Moi Aussi – che sarà presentato in apertura del Certain Regard – raccoglie le testimonianze di molte donne che hanno subito abusi. Godrèche lo ha raccontato così: «Improvvisamente, davanti a me c’era una folla di vittime, una realtà che rappresentava anche la Francia, tante storie di ogni estrazione sociale e generazione», ha spiegato. «La preoccupazione era di sapere che cosa avrei fatto con loro. Cosa fare quando si è sopraffatti da ciò che si sente, dalla mole di testimonianze?».
«Volevamo mostrarlo e ci siamo detti che l’apertura del Certain Regard era la collocazione più adatta, la sezione guarda al cinema di ricerca e cerca di porsi in dialogo con l’attualità. Judith lo ha girato in un giorno raccogliendo oltre mille voci» ha detto ancora Frémaux.