Una richiesta è sulla scrivania di Emmanuel Macron, in attesa di una risposta: portare al Panthéon, il tempio laico che sul frontone porta la scritta «ai grandi uomini la patria riconoscente», le sepolture dei poeti Arthur Rimbaud e Paul Verlaine (che per ora riposa al cimitero di Batignolles e la sua tomba è decorata solo con fiori di plastica).

LA PETIZIONE è stata lanciata dall’editore di una biografia di Rimbaud, dal giornalista e saggista Frédéric Martel e dallo scrittore Nicolas Idier (da poco «penna» del primo ministro, Jean Castex). È stata poi sottoscritta da un centinaio di personalità, tra cui l’attuale ministra della Cultura, Roselyne Bachelot e nove suoi predecessori (da Jack Lang a Frank Riester), dall’ex sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, dal saggista Michel Onfray o la stilista Agnès B.

SECONDO I PROMOTORI della richiesta, Rimbaud e Verlaine sono «due grandi poeti, hanno arricchito il nostro patrimonio con la loro genialità», «sono anche simboli della diversità, hanno dovuto sopportare l’omofobia implacabile della loro epoca». Sono definiti anche degli «Oscar Wilde francesi», ma Martel ha precisato che la petizione non chiede di seppellirli «in coppia, in una tomba comune», ma solo «contemporaneamente».

La petizione ha però sollevato diverse polemiche. Si va dalle reazioni fattuali – «non erano una coppia», la loro relazione iniziata quando Rimbaud aveva 17 anni è durata quattro anni, tra alti e molti bassi – a quelle divertite, «vi piacerebbe essere inumato per l’eternità con un vostro ex»? (il romanziere Laurent Nunez) – fino a questioni di opportunità: Rimbaud il ribelle e Verlaine il comunardo vorrebbero finire al Panthéon, che ospita certo filosofi, scrittori e scienziati, ma anche militari e politici (la metà sono entrati sotto l’impero di Napoleone)? In fondo, è stato un verso di Verlaine a dare il segnale dello sbarco in Normandia, mentre Rimbaud è stato un simbolo nel Maggio ’68. In realtà, al Panthéon si possono trovare anche vari «sovversivi», dagli Illuministi ai resistenti.

L’ostacolo maggiore allo spostamento dei poeti potrebbe essere l’opposizione delle famiglie stesse , condizione indispensabile: una bisnipote di Rimbaud preferirebbe che i suoi resti rimanessero nella tomba di famiglia. Neanche lì, comunque, lo scrittore riposa contento, visto che è stato seppellito nella cittadina di nascita, Charleville-Mezière, che odiava («superiormente idiota»), per di più accanto a sorella e cognato, che hanno fatto di tutto per deviarne il ricordo smussandone gli angoli, raccontando un’improbabile adesione al cattolicesimo sul letto di morte. Sulla sua tomba campeggia la scritta: «pregate per lui».

C’È CHI POI TIENE a sottolineare che i due grandi poeti non erano stati così esemplari nella vita privata: Rimbaud aveva fatto il mercante d’armi in Africa, Verlaine era violento con la moglie e si ubriacava, oltre ad aver sparato all’amico a Bruxelles il 10 luglio del 1873, colpendolo al braccio, dopo che il giovane Arthur gli aveva annunciato la separazione.
Nell’edificio concepito nel 1764 dall’architetto Germain Soufflot per ospitarvi una chiesa cattolica dedicata alla santa Geneviève, patrona di Parigi, poi trasformato in tempio laico nel 1793, attribuzione resa definitiva nel 1885 con i funerali di Victor Hugo, attualmente ci sono settantatré «grandi uomini» e solo cinque donne.

L’ultima ad entrare è stata due anni fa Simone Veil, sopravvissuta della Shoah, ex ministra che ha dato il suo nome alla depenalizzazione dell’aborto dopo una lunga battaglia. Nel 2015, avevano varcato la soglia due resistenti, Germaine Tillion e Geneviève De Gaulle-Anthonioz. Prima di quel momento, l’unica donna ammessa per meriti propri era stata Marie Curie (con il marito Pierre). L’altra era Sophie, moglie dello scienziato Marcelin Berthelot: la famiglia non volle separarli alla loro morte.

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Ricevamo a volentieri pubblichiamo:

Gentilissimi,

Nell’articolo a firma di Anna Maria Merlo intitolato “Rimbaud e Verlaine, corpi da Panthéon” avete riprodotto una fotografia che rappresenterebbe “Verlaine e Rimbaud”: si tratta di un falso palese, apparso due anni fa in un’edizione spagnola delle opere di Rimbaud e costruito a partire dai due famosi ritratti dei poeti fatti dal fotografo Carjat nell’ottobre 1871…  Forse varrebbe la pena indicare “fotomontaggio” sotto l’illustrazione: la caccia ai fake passa anche dalle immagini!

Grazie dell’attenzione e cordiali saluti

Olivier Bivort

Professore ordinario di letteratura francese all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, curatore dell’opera di Rimbaud per l’editore Marsilio (2019)