Con i suoi boschi di querce e conifere e i campi a cereali, legumi, semi oleosi, l’azienda agricola umbra Torre colombaia, biologica dal 1987, è inserita nella rete Natura 2000 ed è zona speciale di conservazione (Zsc) come precisa il libro Alla scoperta del museo diffuso naturalistico di Torre Colombaia.

MA UN PRATICELLO SOLARE preoccupa da mesi Alfredo Fasola, di questa storica azienda ben nota a tanti gruppi d’acquisto italiani. Vicino ai laboratori di prima lavorazione e trasformazione (perfino un caso di up-cycling: un antico mulino in disuso, acquistato e riadattato a norma), dal 2011 uno spazio di circa 3.000 metri quadrati è dedicato ai pannelli fotovoltaici. Davanti, un piccolo campo dove cresce l’utilissimo favino. Dietro, le querce del bosco. In tutto due impianti da 20 kilowatt ciascuno per coprire il fabbisogno energetico aziendale e un impianto da 180 kilowatt per la vendita all’Enel/Gse (Gestore servizi energetici).

Un investimento fatto per arrotondare i non lauti guadagni delle attività agricole – colpite anche dalle alee climatiche – e per contribuire alla produzione di energia pulita. La botta è arrivata con il rialzo dei prezzi legato alla guerra in Ucraina e alla speculazione. Per il 2022, il Decreto sostegni ter (marzo 2022, governo Draghi) ha previsto per gli impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili superiori ai 20 kilowatt l’obbligo di restituire la differenza fra il prezzo di mercato praticato in bolletta per la vendita dell’energia (35-50 centesimi a kWh – kilowattora) e il prezzo di riferimento individuato d’autorità con legge ad hoc (miseri 6 centesimi a kWh).

«LI CHIAMANO EXTRAPROFITTI e non è giusto», sottolinea amareggiato il titolare di Torre colombaia. Il 25 ottobre 2022, è arrivata dal Gse una fattura di 27.597,75 euro. «Una batosta via Pec, non capivamo, sembrava uno scherzo. Non siamo speculatori né noi né tante aziende agricole anche biologiche né quei comuni che tanti anni fa hanno creduto all’energia rinnovabile e adesso si trovano a dover restituire cifre impossibili».
Dal 2011 il prezzo era rimasto basso, per anni a 4-5 centesimi al kWh. E comunque a Torre colombaia gli incassi dell’impianto avevano contribuito a ripianare le difficoltà economiche che le attività agricole presentano («E non certo perché non sappiamo coltivare!»).

«QUESTO CAMPO fotovoltaico utilizza assai meno dell’1% della nostra superficie di 60 ettari. Non abbiamo strappato terra all’agricoltura. Non siamo una monocoltura fotovoltaica in una monocoltura agricola. Oltre agli spazi lasciati a bosco, abbiamo tante produzioni biologiche, miglio, ceci, girasole, farro, semi di lino, lenticchie, grano saraceno, grani antichi e via dicendo, oltre a diversi loro trasformati semi-artigianali. Il fotovoltaico è come un’ulteriore coltura, che viene sempre dal sole». L’impianto produce 210-220.000 kWh all’anno. Corrispondono all’energia necessaria a decine di famiglie consumatrici, vista la media italiana. Anche se il risparmio energetico si impone: evviva i negawatt.

SONO NELLA STESSA BARCA MOLTI COMUNI, oltre a piccole e medie aziende. Il sindaco del piccolo paese di Rolo (Reggio Emilia), impianto inaugurato nel 2012, ha dichiarato al Resto del Carlino: «Gli extraprofitti sul fotovoltaico? Provo a spiegare il controsenso in questo modo: lo Stato ci toglie soldi guadagnati, che avremmo usato per pagare le bollette da capogiro di questo periodo, e allo stesso tempo fa un decreto aiuti dove ci garantisce denaro, peraltro insufficiente, per… pagare le bollette da capogiro di questo periodo».

ED ECCO ALTRI PARADOSSI, visti dal responsabile di Torre colombaia: «Il Gse compra l’energia fotovoltaica a 0,06 euro/kWh dai produttori piccoli, medi, grandi, poi la rivende a vari gestori i quali la fanno pagare ai consumatori molto di più. Ce ne accorgiamo bene per i nostro consumi aziendali, quando la dobbiamo prendere dalla rete». Non solo: mentre gli extraprofitti dei produttori da energia rinnovabile sono tassati al 90%, l’Agenzia delle entrate tassa molto meno quelli – enormi – dei produttori da fonti fossili, grazie al decreto Ucraina (marzo 2022): «Quando il prezzo di mercato è schizzato in alto, quei colossi non hanno avuto nessuna tassa. A un certo momento l’Europa ha stabilito una tassazione del 33% del profitto che supera il prezzo di mercato precedente, poi il governo Meloni l’ha portata al 50%», dice Fasola, precisando che la stessa Eni (parte dell’apparato statale) ha contestato allo Stato quel 50% che deve pagare. E ancora non ha sborsato.

OLTRETUTTO IL DIAVOLO è nei dettagli: «Ai colossi dell’energia da fonti fossili la tassazione del 50% è stata applicata solo per l’energia prodotta in Italia, che è pochissima e pure in passivo. Ma loro, le somme colossali le guadagnano con l’energia prodotta all’estero». Intanto Greenpeace ha denunciato la sponsorizzazione del festival di Sanremo da parte di Plenitude, società controllata al 100% da Eni che, puntualizza l’organizzazione ecologista, «oltre a macinare profitti record e ad alimentare la crisi climatica, promuove una presunta svolta green smentita dai fatti», visto che continua a basare le proprie attività principalmente su fonti fossili come il gas.

QUALE LO SCENARIO NEI PROSSIMI MESI? L’abbassamento a 6 centesimi è previsto fino a giugno 2023. Poi si dovrebbe ritornare al prezzo di mercato. Intanto, la quasi totalità degli «extratassati» non ha ancora pagato, confidando in un cambiamento. Per la cancellazione delle fatture insostenibili si sono susseguiti appelli, riunioni (anche a Torre colombaia), incontri con le istituzioni locali. È stata avviata una class action. A un certo punto il Tar Lombardia ha dato ragione ai ricorrenti e il Gse è passato da 6 centesimi a 22 di remunerazione, ma a gennaio il Consiglio di Stato ha ridato ragione al governo e i centesimi sono tornati a essere 6.

DOPO QUESTO PRONUNCIAMENTO, in Umbria una delegazione di agricoltori biologici e fotovoltaici ha incontrato l’assessore all’agricoltura della regione, il quale ha assicurato un intervento in conferenza Stato-Regioni, quando a marzo si ridiscuterà il bilancio statale.

COSA CHIEDONO I PRODUTTORI? Elenca il responsabile di Torre Colombaia: «Non applicare la regola degli extraprofitti agli impianti inferiori a 1 Megawatt (1000 kilowatt), lasciando per loro i prezzi di mercato, come la stessa Europa aveva invitato a fare, cosa che invece finora vale solo per gli impianti fino a 20 kilowatt. O almeno, come si è espresso lo stesso Tar Lombardia nelle motivazioni della sentenza pubblicata il 10 febbraio, applicare il tetto, sempre imposto dal Consiglio europeo, di 18 (e non 6!) centesimi a kWh. Quindi per gli impianti inferiori a 1 Megawatt il governo dovrebbe imporre al Gse di cancellare la richiesta di rimborso per gli extraprofitti 2022 superiori ai 6 centesimi».

«ALTRIMENTI, AL DI LÀ DELLA RECENTE e accanita pubblicità del Gse su Twitter, simili spade di Damocle disincentiveranno i futuri investimenti nelle rinnovabili», conclude Alfredo Fasola. Poi esce: «Oggi iniziamo a lavorare i campi. Con il ripper. In agricoltura bio si rippa, non si ara». Sulla porta, il calendario delle rotazioni colturali.