«È un report assolutamente deludente, serve alla Cei solo per poter dire di aver fatto qualcosa. Nulla di paragonabile con quello realizzato da altri episcopati in altri Paesi europei, come ad esempio in Francia».

È molto severo il giudizio di Francesco Zanardi, presidente della Rete l’Abuso (la più importante associazione italiana di vittime di preti pedofili) ed egli stesso, ad undici anni, abusato dal parroco savonese don Nello Giraudo, giudicato colpevole dal tribunale, anche se diversi reati sono caduti in prescrizione grazie alle complici omissioni del suo vescovo che lo ha protetto per anni.

Zanardi quali sono i limiti dell’indagine commissionata dalla Cei?

Il report già nasceva male, perché avrebbe dovuto coprire un arco temporale limitato, ovvero dal 2000 a oggi, analizzando i dati provenienti dal Dicastero per la dottrina della fede e dalle diocesi. Ma quello che è stato presentato oggi (ieri per chi legge, ndr) è peggiore del previsto: non venti ma due anni, 2020 e 2021, e solo sulla base dei dati dei servizi diocesani per la tutela dei minori, fra l’altro in piena emergenza Covid, per cui non so quanti abbiano potuto recarsi agli sportelli. E anche sull’indipendenza della commissione si potrebbe discutere.

È stato realizzato dall’università cattolica del Sacro Cuore di Piacenza…

Appunto. Si dice che non si tratta della Chiesa, quindi è indipendente. Ma di chi è l’università cattolica?

Quali sono gli altri punti deboli?

Sono esclusi dal report tutti i casi segnalati al Dicastero per la dottrina della fede, che peraltro abbiamo scoperto non essere poche decine, ma oltre seicento, in vent’anni: ce li faranno sapere, ma non si sa né come né quando. Poi non sono state prese in considerazione le denunce alla magistratura. E non sono stati utilizzati i dati in possesso delle associazioni delle vittime: solo con la Rete l’Abuso abbiamo segnalato 370 casi in quindici anni.

Non siete stati interpellati?

No. Mesi fa ho incontrato il presidente della Cei cardinale Zuppi, mi avrebbe dovuto contattare monsignor Ghizzoni, ma sto ancora aspettando la telefonata.

Cosa ne pensano le vittime?

Semplicemente non esistono. Non si parla di indennizzi e solo il 14% delle diocesi ha avviato un sostegno psicologico per le vittime, a fronte di 23 case per preti pedofili, dove dicono di curarli, spesso sottraendoli alla giustizia. Inoltre dei casi elencati, non si dice dove sono accaduti, chi sono le persone coinvolte e dove stanno adesso. Contro i preti si possono prendere dei provvedimenti canonici. Ma nei confronti dei laici? Andrebbero denunciati alla magistratura. È stato fatto? Direi di no, quindi sono invisibili.

L’obbligo di certificato antipedofilia potrebbe aiutare?

È quello che chiediamo da anni, come strumento di prevenzione. Ma il volontariato, e quindi le strutture ecclesiastiche e religiose, sono esentate. In questo modo gli spazi ecclesiali sono una sorta di zona franca dove un pedofilo che è già stato denunciato ha libero accesso, a differenza di altri luoghi, come ad esempio la scuola. A questo poi va aggiunto che, siccome negli ambienti religiosi si ha paura dello scandalo pubblico, paradossalmente per un pedofilo sono spazi protetti, perché sa che, anche se scoperto, difficilmente verrà denunciato.

Insomma il report è tutto da buttare?

No. Nonostante tutte le lacune, dal report emerge un dato sicuramente in difetto ma comunque di grandi dimensioni: si tende a minimizzare, ma 89 casi denunciati in appena due anni non sono affatto pochi.