La Chiesa cattolica cambia posizione sul suicidio. Forse. Questo pomeriggio alle 15, infatti, nella cattedrale di Piacenza, presieduto dal vescovo Claudio Giuliodori, verrà celebrato il funerale di Franco Anelli, professore di diritto dal 2013 rettore dell’università cattolica del Sacro Cuore – fondata dal frate minore Agostino Gemelli negli anni Venti del ‘900 –, che lo scorso 23 maggio si è tolto la vita gettandosi dal sesto piano del palazzo dove abitava a Milano. Preceduto, alle 10 del mattino nell’aula magna della Cattolica, da un «incontro di preghiera e di congedo riservato alla comunità universitaria» guidato dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini.

Un gesto disperato quello di Anelli, dettato da sofferenze evidentemente diventate insopportabili, che merita rispetto, come peraltro ha spiegato ieri alla camera ardente anche il cardinale Pietro Parolin: «Dolore e condivisione per questa tragica fine», ha detto il segretario di Stato vaticano, «quanto accaduto ci dice quanto siamo fragili e spesso incomprensibili anche a noi stessi».

LA CHIESA FA BENE quindi a esprimere vicinanza nel modo che le è proprio: la preghiera e il funerale religioso. Non sempre è stato così però. Non molti anni fa furono infatti espressamente vietate le esequie in chiesa a Piergiorgio Welby che, dopo una vita trascorsa immobilizzato a letto a causa di grave forma di distrofia muscolare, il 20 dicembre 2006 morì in seguito al volontario distacco del respiratore che lo teneva artificialmente in vita. Alla moglie Mina, cattolica, la quale chiese che potesse essere celebrato il funerale religioso nella vicina parrocchia di San Giovanni Bosco a Roma, il cardinal Ruini, vicario del Papa per la città di Roma – all’epoca Joseph Ratzinger – e presidente della Conferenza episcopale italiana disse no, in punta di diritto: il Vicariato di Roma non può concedere le esequie poiché «era nota, in quanto ripetutamente e pubblicamente affermata, la volontà del dottor Welby di porre fine alla propria vita», cosa «che contrasta con la dottrina cattolica». Per lui ci furono solo un funerale laico nella piazza davanti la chiesa a cui parteciparono migliaia di persone e pochi giorni dopo una messa alla comunità di base di San Paolo insieme all’ex abate Giovanni Franzoni.

«IN QUESTO TEMPO la Chiesa è cambiata, non è più quella gelida di Wojtyla e dello spietato Ruini, nonostante tutti i difetti e le contraddizioni (se ne è avuta una prova nei giorni scorsi, ndr) mi sembra che oggi prevalgano umanità e misericordia», spiega al manifesto padre Alberto Maggi, direttore del Centro studi biblici “Giovanni Vannucci” di Montefano e autore di libri apprezzati anche da molti non credenti.

«La scelta del suicidio è determinata da una sofferenza che travolge la persona, e in un momento di sofferenza così acuta non va aggiunto altro dolore, per esempio negando il funerale, magari in nome della dottrina». Quindi è giusto ed evangelico che la Chiesa celebri il funerale di Anelli, «lo avrebbe dovuto fare anche con Welby, che scelse di porre fine a sofferenze intollerabili oltre ogni limite, con il sostegno della moglie, che invece è stata maltrattata e sfregiata dagli insulti degli ecclesiastici». Conclude Maggi: «Il nodo di fondo è uno: è sacra la vita o è sacro l’essere umano? Se è sacra la vita, con gli strumenti che abbiamo a disposizione può essere protratta all’infinito, anche se non è più dignitosa. Siccome invece è sacro l’essere umano, ha la propria dignità e lui può decidere quando porre fine a un’esistenza che per lui non è più tale».