Cara Ursula, cara Giorgia. Dopo la risposta, meditata per diversi giorni, della presidente del Consiglio al rapporto annuale della Commissione Ue sullo Stato di diritto e in particolare sulla condizione della libertà di informazione in Italia – dove bollava il giudizio negativo come «manipolazione contro il governo» da parte di professionisti della disinformazione -, la replica da Bruxelles arriva a stretto giro.

L’ESECUTIVO EUROPEO fa sapere come la relazione pubblicata lo scorso giovedì, con cui venivano stigmatizzati più paesi in diversi campi – dalla giustizia alle riforme istituzionali, passando per il pluralismo dei media – è stata prodotta con tutti gli accorgimenti necessari, anche nel caso italiano. In sostanza, «si basa su una varietà di fonti», è «il risultato di molteplici scambi anche a livello politico con i paesi membri» nonché di «una stretta collaborazione con le autorità nazionali». Insomma, nessuna parzialità contro il governo italiano o incompletezza di informazioni può essere imputata a Bruxelles.

Alle autorità nazionali, prima dell’ufficializzazione del testo con tutte le sue osservazioni e raccomandazioni «è stata data l’opportunità di fornire aggiornamenti fattuali». Insomma, se Roma aveva obiezioni e controprove, c’era tutto il tempo per farsi sentire. Prima però, non a cose fatte. Adesso invece non le resta che «cooperare» con le istituzioni europee, seguendo le raccomandazioni che chiedono maggiori garanzie per il pluralismo dei media. Tra queste, la non ingerenza del governo nel servizio pubblico radiotelevisivo, e la tutela per i giornalisti rispetto ad indebiti attacchi da parte del potere politico.

PROPRIO MENTRE è in corso lo scambio, piove sulla premier, in visita in Cina fino a domani, la pubblicazione di un altro rapporto sulla libertà di informazione del nostro paese, questa volta non direttamente riconducibile alla Commissione Ue, ma comunque co-finanziato dall’istituzione europea. Si tratta del documento prodotto dopo la missione a Roma del 16 e 17 maggio, alla vigilia delle elezioni europee, da parte del consorzio Media freedon rapid response, che mette insieme diverse organizzazioni tra cui la Federazione europea dei giornalisti con lo scopo di monitorare le violazioni alla libertà di informazione nel continente.

«La libertà dei media in Italia è in costante declino negli ultimi anni, segnata da attacchi e violazioni senza precedenti, spesso avviati da funzionari pubblici nel tentativo di mettere a tacere le voci critiche», si legge nell’impietoso quadro tracciato dal report. «L’interferenza politica nei media pubblici e l’uso sistematico dell’intimidazione legale contro i giornalisti da parte di attori politici hanno a lungo definito il rapporto media-politica in Italia. Tuttavia, queste dinamiche hanno raggiunto livelli allarmanti negli ultimi due anni», si specifica nel rapporto.

Le oltre 20 pagine del testo dettagliano infatti una serie di preoccupanti attacchi alla libertà dei mezzi d’informazione, dalla trasmissione Report al quotidiano Domani, fino al sito Fanpage. Viene poi citato il caso Agi, seconda agenzia stampa italiana a rischio di essere venduta al senatore leghista Angelucci, ed elencati i casi di querele da parte di esponenti del governo e di politici di maggioranza nei confronti di diverse testate, una pratica che tra l’altro che contravviene a una delle nuove norme Ue a tutela dei giornalisti, la cosiddetta direttiva anti-slapp.

C’è poi il caso della governance Rai, citato nel rapporto della Commissione Ue. Nella missiva indirizzata a von der Leyen, la presidente del Consiglio aveva respinto ogni accusa, negando interferenze sul servizio pubblico e dichiarandosi vittima delle regole di nomina stabilite dal governo Renzi quasi 10 anni fa.

ORA PERÒ LA DECISIONE sul prossimo Cda Rai spetta in tutto all’esecutivo attuale e le acque nella maggioranza sono tutt’altro che tranquilla. La Lega infatti non vuole restare fuori dalle caselle già prenotate dagli alleati: presidenza alla Fi Simona Agnes, dopo l’addio di Marinella Soldi, mentre il meloniano Roberto Sergio andrebbe ad al posto dell’uscente Roberto Sergio. Nessuna intesa, quindi entro domani, come aveva auspicato il ministro Ciriani, sul 4 consiglieri Rai di nomina parlamentare. Per Viale Mazzini, la partita è rimandata con tutta probabilità all’autunno.