Ricordiamoci questi numeri: 1 milione 221 mila, 13 mila, 3 mila, 6 mila, mille. In un Paese dove il 52% degli elettori non si è preso la briga di recarsi fino al seggio per eleggere il proprio sindaco, questa mattina verranno depositate presso la Corte di Cassazione, a Roma, 1.221.000 firme a supporto del referendum per la legalizzazione dell’eutanasia, pratica disponibile in Olanda, Belgio, Lussemburgo e Svizzera (qui solo in forma di suicidio assistito), e autorizzata in Colombia, Canada, Uruguay e in cinque Stati Usa. Non dei “semplici” click su una piattaforma online, e per nulla affatto il frutto di una cultura nichilista (o «cultura dello scarto», per usare le parole di Papa Bergoglio).

Al contrario: di questa valanga di sottoscrizioni al quesito referendario per l’abrogazione parziale del reato di omicidio del consenziente, più di 800 mila firme sono state raccolte con il metodo tradizionale, grazie all’impegno di oltre 13 mila volontari e quasi 3 mila autenticatori, che in oltre mille Comuni hanno allestito 6 mila tavoli di raccolta. E grazie alla convinzione dei cittadini che in molti casi hanno fatto di tutto per raggiungere i banchetti e firmare.

Una risposta di partecipazione che neppure i promotori si aspettavano, quando alla fine di giugno decisero di buttarsi in una sfida che poteva sembrare impossibile a chi non aveva il polso della società reale: raccogliere 500 mila firme nei tre mesi estivi (con la pandemia non ancora alle spalle) facendo così lo slalom tra scadenze politiche e istituzionali, e tentare di fissare la data del referendum nella primavera 2022.

«È il primo referendum sul quale si depositano le firme dopo dieci anni», fa sapere l’Associazione Luca Coscioni che questa mattina si ritroverà al completo in piazza Cavour e con le decine di organizzazioni, sindacati e partiti del comitato promotore, prima di trasferirsi a Palazzo Brancaccio per il suo XVIII Congresso nazionale dal titolo: «Attiviamo la democrazia». Quella partecipativa, al momento, perché il parlamento ancora ristagna nella propria inerzia malgrado la Corte Costituzionale nel 2019 – dopo un anno atteso invano – sia intervenuta a depenalizzare l’aiuto al suicidio di persone capaci di intendere e volere affette da patologie irreversibili, «sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del Ssn, previo parere del comitato etico territorialmente competente».

Due anni dopo quella sentenza, il testo di legge che modifica l’articolo 580 c.p. e norma così l’aiuto al suicidio è ancora all’esame delle commissioni Giustizia e Affari sociali dove mercoledì prossimo si voteranno le proposte emendative. Poi, spiega il deputato M5S Mario Perantoni, «il 25 ottobre l’aula della Camera, come stabilito dalla conferenza dei capigruppo, inizierà la discussione delle norme sul fine vita». Secondo il presidente della commissione Giustizia, «l’impegno del fronte referendario è molto importante per la crescita della mobilitazione e della consapevolezza popolare rispetto a questo tema». Anche se, assicura, «l’impegno del parlamento porterà ad un significativo ammodernamento della legislazione in materia andando incontro agli orientamenti della Consulta e al sentire dell’opinione pubblica».