«Non entra niente, non esce niente»: ha riassunto così la situazione Éric Sellini all’Afp, coordinatore nazionale della Cgt a TotalEnergies. Le raffinerie sono di nuovo bloccate, dopo gli scioperi di ottobre, questa volta contro la riforma delle pensioni di Macron. Secondo i sindacati, tra il 70% e il 100% dei lavoratori delle varie raffinerie francesi hanno aderito allo sciopero e «ovunque, le consegne sono state sospese», ha detto Sellini.

È il prologo di una mobilitazione che si annuncia lunga. I sindacati hanno preferito non attivare il meccanismo della grève reconductible, che consente di prolungare lo sciopero di giorno in giorno, ma di lanciare una serie di date di mobilitazione: il 26 gennaio e il 6 febbraio i lavoratori del petrolchimico si fermeranno di nuovo.

Lo sciopero generale è stato «un successo ben oltre le nostre aspettative», ha detto Philippe Martinez, segretario generale della Cgt, al manifesto. «Tutti i settori si sono mobilitati, tutti i lavoratori hanno capito quello che sta succedendo e compreso l’urgenza di mobilitarsi per fermare questa riforma».

Ad attivarsi più di altri, oltre ai petrolchimici, sono stati i ferrovieri della Sncf e gli operatori dei trasporti parigini. La riforma prevede l’abolizione dei loro «regimi speciali» pensionistici, che scompariranno il 1 settembre 2023. Quasi 8 conduttori di treni su 10 hanno scioperato, la metà dei controllori e degli operai non si è presentata al lavoro, paralizzando di fatto il traffico nazionale; cifre simili si sono registrate alla Ratp, l’azienda pubblica di trasporti parigini.

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Anche alla Sncf i sindacati hanno fatto la scelta di non ricondurre immediatamente lo sciopero, puntando su di un calendario di mobilitazioni fisse. È stata la mediazione necessaria al mantenimento dell’unione sindacale, spiegano fonti interne alla Cgt, giacché i sindacati di Force Ouvrière e della Cfdt sono meno propensi a una linea più radicale, sposata invece dalla Cgt e da Sud-Rail.

In generale, nei settori cosiddetti strategici, l’adesione allo sciopero è stata massiccia. Tra i «regimi speciali» che dovrebbero scomparire, qualora passasse la riforma, vi è quello dei lavoratori del nucleare e di Edf, l’azienda pubblica dell’energia elettrica. Mobilitati già da giorni, i lavoratori dell’elettricità, tra blocchi e azioni mirate, hanno provocato dei massicci cali di produzione. «Ci saranno blackout», ha promesso la Cgt in un comunicato, minacciando di staccare la corrente in modo selettivo ai politici che sostengono la riforma, e riattaccarla «ai più precari, a chi non ha i mezzi per affrontare il caro-bolletta».

«Macron va in una direzione completamente sbagliata e la gente l’ha capito», secondo Philippe Martinez. «Bisogna abbassare l’età pensionabile, lavorare meno, proteggere chi fa lavori pesanti. Noi vogliamo la pensione a 60 anni, e vogliamo un sistema di tassazione più equo per rendere il tutto sostenibile», ha detto il segretario della Cgt. Nei settori che temono di perdere i propri sistemi previdenziali, in ogni caso, il messaggio è stato recepito.