Il virtuale è pervasivo della nostra vita. Anche per questo in Contro Metaverso. Salvare la presenza (Mimesis, pp. 141, euro 10) Eugenio Mazzarella formula un’analisi del digitale all’altezza dei suoi sogni e della sua realtà. I fenomeni più all’avanguardia della nostra ipermodernità, le tecnologie che appaiono più avanzate e innovative, conservano, presentano e manifestano in realtà dei tratti arcaici. Il progetto del Metaverso intende fare di Facebook non una piattaforma di incontri e interazioni; non un immenso database di parole, nomi, immagini, suoni; non un’impresa commerciale ma una vera e propria nuova realtà. Metaverso è il sogno di diventare dio e ha come fondamento «un animismo digitale» di forte impronta matematica (digitale appunto) che disprezza la realtà dei corpi, della materia e della presenza per sostituirla con un «effetto gorgo, un buco nero dell’online» che «fagocita sempre più la realtà offline, la vita come tale».

SE SI GUARDANO le modalità concrete nelle quali sinora si è tradotto questo progetto, emerge la sua somiglianza con forme di dominio assai tradizionali, un «uso oligarchico e lucrativo della rete da parte di uomini su altri uomini» che si manifesta, tra l’altro, in «concretissimi processi di alienazione sociale, esistenziali e finanche percettivi». Lungi dall’essere smart, intelligente e agile, il telelavoro è una «truffa che rischia di aggiornare online il cottimo della manifattura domiciliare senza fabbrica». E dunque la decantata da troppi quarta rivoluzione dell’infosfera si rivela un ulteriore «passaggio epocale nella storia dell’alienazione intrinseca all’umano nel rapporto con i suoi mezzi». Un’alienazione proprio nel senso marxiano, una rinuncia all’autonomia e all’emancipazione per sottomettersi invece senza neppure averne coscienza a una «oligarchia dei padroni pubblici e privati del web nel Deep State del potere dell’infosfera».

QUESTO SPIEGA anche il presentarsi di forme di luddismo, la tendenza a distruggere le macchine, che sono sempre inseparabili dalle pratiche di sradicamento e di alienazione implementate a partire dalla Rivoluzione industriale, un «luddismo digitale» che «come tutti i luddismi avrebbe le sue ragioni». Siamo in pieno Otto-Novecento, abitiamo forme di sfruttamento e di alienazione che sono insieme virtuali e reali. E questo anche perché non esiste alcuna Intelligenza Artificiale, espressione definita senza mezzi termini da Mazzarella un inganno, in quanto «definire la computazione automatizzata intelligenza artificiale è una truffa linguistica». A questa forma di alienazione, a questa realtà ibrida, a questa «demenza digitale» che scambia le forme di controllo più pervasive mai concepite con il sogno transumanista del non dolore e dell’immortalità, a questa «tecnologia altamente tossica», Mazzarella oppone un imperativo che è insieme politico, antropologico e ontologico, quello di «salvare la presenza, che è il più generale imperativo del presente». E lo fa nel modo più disvelatore, che non sta nelle forme della polemica social o dell’analisi tecnologica ma nello sguardo profondo sui fenomeni umani del quale soltanto la filosofia è capace.