Quando nel 2014 l’editrice digitale Ebook @ women, del Centro Orlando di Bologna decise di rendere disponibile in formato pdf gli storici cinque numeri della rivista Sottosopra, l’idea fu accolta con entusiasmo dalla discussione pubblica. In quelle pagine, prodotte tra il 1973 e il 1976, stava infatti il lievito politico di un presente che in quegli anni si andava costruendo, grazie al movimento delle donne e alle esperienze dei primi gruppi femministi che si interrogavano su nodi cruciali.
Dalla scena milanese partiva dunque l’iniziativa di una nuova rivista che fosse capace di rendere esplicita e diffusa una incandescenza, una insorgenza che agiva sul linguaggio e sulla presa di parola, nel modo di quel partire da sé che ha determinato un prima e un dopo nelle relazioni tra donne. I temi sono stati ulteriori passaggi anche nei seguenti sei numeri di Sottosopra pubblicati dalla Libreria delle donne di Milano, senza cadenza regolare ma con un modo tempestivo attraverso cui la politica delle donne potesse prendere parola sul mondo. Partiti dal 1983, ora scaricabili gratuitamente sul sito della Libreria, abbandonano la formula della rivista e negli anni si assumono il compito di segnalare e decifrare alcune opacità del presente, alcuni garbugli simbolici per sgranarli.

ACCADE ANCORA in questo ultimo e sesto Sottosopra, editato a settembre dal titolo eloquente «Cambio di civiltà. Punti di vista e di domanda». Al centro stanno alcune questioni inaggirabili che sempre hanno fatto parte del percorso del femminismo della differenza italiano. In quel «cambio» di civiltà, un tempo auspicio di «scommessa» nel frattempo già vinta, ci si orienta dunque esplicitando quattro traiettorie: la prima è all’altezza dell’intervento di Lia Cigarini, «La battaglia della narrazione» in cui a emergere è il «nesso tra il cambiamento dei rapporti di forza nella sessualità e quelli nel lavoro e nella politica». Per sgranare questa posta in gioco, Cigarini si confronta con l’esperienza del MeToo chiedendosi se la pratica messa in campo dal movimento possa essere utilizzata nella forma di rete «da donna a donna» anche negli ambiti in cui «interessi e desideri delle donne sono tacitati». E se proprio a proposito di lavoro le denunce di molestie e violenze si sono moltiplicate, è in questo aver saputo alzare la posta in gioco che Giordana Masotto intravede la possibilità di agire ancora più distintamente la libertà femminile. Nel suo «Il lavoro ha bisogno di femminismo» mostra infatti l’altro legame decisivo: quello di «corpo-parola» in cui c’è la qualità di una materia vivente che è «la nostra forza», e di cui si sostanzia il «soggetto inedito che sono le donne, portatrici di una complessità – e di una contraddizione – radicale».

AVER SVELATO un sistema ha illuminato un fondo più ampio che, nel suo meccanismo feroce, racconta della riproduzione di un intero «ordine del mondo» che conserva ancora la pretesa di prendere, utilizzare, comprare e infine sopprimere una donna. Lo spiega Alessandra Bocchetti in un inconsueto monologo teatrale dal titolo «Le altre», intorno allo sfruttamento della prostituzione. Tema spinoso che suscita numerose obiezioni, proprio perché ineludibile, come quello della «gestazione per altri» su cui si sofferma Luisa Muraro nel suo «Le parole per dirlo. Born not made». «La mancanza di una teoria della libertà femminile si legge a grandi lettere nella invenzione della gpa», scrive Muraro.

LE DICOTOMIE da superare sono molte in questo «cambio di civiltà» così come i falsi miti, a partire da quello della legalità, eppure le espressioni appaiono chiare: corpi e sessualità, maternità, libertà femminile, relazione, conflitto tra i sessi – solo per citarne alcune. L’ultima e non meno importante espressione è però quella che inerisce l’autenticità come forma politica dell’esperienza capace di lambire ambivalenze e comuni vulnerabilità; come si legge nello stralcio del libro di Rachel Moran, un capolavoro del partire da sé.