L’ex presidente della generalitat catalana Carles Puigdemont ha annunciato l’intenzione di rientrare in Catalogna, dove rischia l’arresto. I giudici spagnoli, infatti, hanno stabilito a fine giugno che uno dei reati di cui è accusato – appropriazione indebita di denaro, che si somma a ribellione e sedizione – non può essere amnistiato con la norma approvata dal nuovo esecutivo nazionale di Pedro Sánchez.

La decisione di Puigdemont è la prima reazione all’intesa per il governo della regione iberica tra socialisti e communes (la formazione di di Jessica Albiach e Ada Colau) che potrà diventare effettivo grazie all’appoggio esterno di Esquerra Republicana.

Venerdì i militanti di quest’ultimo partito, indipendentista, hanno dato il via libera con due terzi dei voti al preaccordo stabilito dai dirigenti. Significa che dopo 14 anni alla guida della regione torneranno i socialisti, con il leader Salvador Illa. «Un governo spagnolista», sostiene Puigdemont per cui il ritorno significa continuare la battaglia per l’indipendenza. Potrebbe presentarsi alla cerimonia di investitura della nuova presidenza, sebbene avrà al centro qualcun altro, diversamente da ciò che aveva sperato.

Ieri mattina Illa ha comunicato di avere i numeri necessari a ottenere l’investitura al presidente del parlamento Josep Rull (di Junts per Catalunya, il partito di Puigdemont). Quest’ultimo deve ora consultare le diverse forze politiche e convocare la sessione di investitura. Potrebbe avvenire già mercoledì prossimo.