All’indomani dell’ennesima grande manifestazione di protesta contro il presidente Alpha Condé, il governo di Conakry ha scelto i toni soft: felicitazioni per la natura pacifica e lo «spirito repubblicano» della protesta organizzata da «una parte dell’opposizione e della società civile», lodi alla «professionalità» delle forze di sicurezza e tanto di condoglianze alla famiglia di un uomo deceduto per un malore, a margine della manifestazione.

Fatto sta che il rosso – colore-simbolo scelto dagli organizzatori del Front national pour la défense de la Constitution (Fndc) – ha invaso le strade della capitale Conakry e delle città dell’interno, da Mamou a Boké, per chiedere la liberazione degli oppositori incarcerati e un’inchiesta seria sulla morte di decine di dimostranti negli scontri in cui sono degenerate le precedenti proteste (le ultime due vittime a inizio settimana, quando la polizia ha sparato sulla folla che partecipava ai funerali di 11 ragazzi uccisi negli scontri avvenuti tra il 14 e il 16 ottobre). E in definitiva contro l’ipotesi che l’81enne presidente guineano Alpha Condé possa candidarsi per un terzo mandato.

Proprio sulla denuncia di un progetto per modificare a tal fine la Costituzione è nato il “Fronte”, coalizione di partiti, sindacati e pezzi di società civile che giovedì ha portato a sfilare nelle strade di Conakry un imponente serpentone rosso. La spianata dello stadio 28 settembre alla fine sembra che abbia contenuto a stento la folla. Non esistono stime né da una parte né dall’altra, ma rispetto all’ultima mobilitazione (24 ottobre) la partecipazione è apparsa in netta crescita.

Ieri i notiziari nazionali sono tornati a riferire di ordinarie tragedie della povertà, con il crollo di una miniera d’oro abbandonata a Kithinian, nell’est del paese. Si temono decine di vittime.