Per la sesta volta cambia il giudice titolare del processo a carico di Tap. Sotto i riflettori della magistratura salentina è finito nel 2020 il megagasdotto Trans Adriatic Pipeline, proveniente dall’Azerbaigian e realizzato a Melendugno, in Salento. L’opera è in funzione già da tempo.

MENTRE I TRE MAXIPROCESSI per le proteste degli attivisti No Tap sono stati chiusi in tempo record con numerose condanne comminate dal presidente delle sezioni penali del tribunale di Lecce Pietro Baffa, il procedimento relativo ai 19 imputati, tra cui la società, i vertici del consorzio, Saipem e altre aziende che hanno partecipato ai lavori di costruzione, è ancora in corso. I reati contestati sono inquinamento ambientale, contaminazione della falda acquifera con metalli pesanti anche cancerogeni ed espianto degli ulivi fuori dal periodo autorizzato.

SECONDO LA MAGISTRATURA sarebbero illegittime sia la Valutazione di impatto ambientale sia l’Autorizzazione unica, con cui si è proceduto alla costruzione del gasdotto. Entrata nel vivo solo a gennaio 2023 dopo numerosi mesi di stallo, al momento la fase dibattimentale è dedicata ai testi della difesa, che sarebbero circa 50, di cui la metà già sentiti.

LA NUOVA ASSEGNATARIA del procedimento, la giudice Maria Chiara Panico, ha programmato una fitta calendarizzazione, con la prossima udienza fissata tra una settimana e le successive a tamburo battente, fino al 19 luglio. Si attende per settembre la sentenza di primo grado. In appello, però, dati i tempi, inevitabilmente sopraggiungerebbe la prescrizione per i reati contestati. Hanno avuto un peso i ritardi e non sono passati inosservati i numerosi cambi di giudice.

TUTTO È INIZIATO DALL’ASPETTATIVA per maternità della giudice titolare Silvia Saracino, poi è stato il tempo delle assegnazioni temporanee alle giudici Valeria Fedele e Maria Francesca Mariano. Successivamente è arrivata la nomina, dichiarata incompatibile, di Pietro Errede, all’epoca indagato dalla Procura di Potenza (ora neoimputato) e difeso peraltro dallo studio legale Laforgia, lo stesso nominato da uno degli imputati nel processo Tap, Michele Mario Elia. È seguita la nomina definitiva di Maria Francesca Mariano, salvo poi la notizia del trasferimento alla sezione gip-gup. Con provvedimento del 27 marzo scorso l’allora presidente del tribunale di Lecce Roberto Tanisi aveva stabilito che la giudice Mariano avrebbe dovuto portare a termine ugualmente il processo. Lei si era opposta presentando delle osservazioni al Consiglio giudiziario. Nel frattempo, già sotto scorta per minacce, il mese scorso è stata rinvenuta una testa di capretto infilzata dinanzi alla sua abitazione con un cartoncino su cui era riportata la parola «così».

LE INTIMIDAZIONI SONO STATE ricondotte agli arresti di alcuni presunti esponenti della Sacra Corona Unita relativamente ad altre vicende, estranee al Tap. Al contempo, è sopraggiunta anche la risposta del Consiglio giudiziario. Sono state accolte le osservazioni della giudice Mariano e per il processo sul megagasdotto è arrivata la sesta nomina, toccata a Maria Chiara Panico, proveniente dal tribunale di Taranto.

«NON CI SARÀ NESSUN rallentamento – assicura il presidente delle sezioni penali e della Corte d’Assise di Lecce Pietro Baffa, giudice nei processi contro i No Tap – non è che nessuno se ne voglia occupare, ma vanno rispettate le statuizioni tabellari. Quando uno si trasferisce ad altro ufficio, se i processi sono già in avanzato stato di istruttoria – spiega – il presidente di sezione può chiedere al presidente del tribunale che questi processi vengano regolarmente portati a compimento dal giudice trasferito.

Il Consiglio giudiziario ha confermato il provvedimento da me sollecitato al presidente del tribunale, ribadendo che la collega Mariano avrebbe dovuto portare a compimento quel solo processo. Avrebbe avuto tutto il tempo da aprile 2023 di celebrarlo e di chiuderlo, come io chiusi in sei mesi i processi ai No Tap, in cui c’erano molti più imputati. Questo – a suo avviso – è molto più semplice e leggero, poteva benissimo essere chiuso in tre, quattro mesi. Sta di fatto – dice – che non solo Mariano non lo ha chiuso, ma ha perseverato innanzi al Csm nelle sue osservazioni e il Csm le ha accolte».

MARIANO SI SAREBBE OPPOSTA a celebrarlo – stando a quanto riferito dal presidente delle sezioni penali – perché non avrebbe ritenuto il processo contro Tap «in avanzato stato di istruttoria», dato il numero elevato di testi della difesa ancora da sentire. «Il giudice li può sfrondare e ammetterne meno e comunque non sono testi tecnici», chiarisce Baffa, che è certo ora del prosieguo del procedimento senza ulteriori rallentamenti. Quelli di fatto ci sono già stati e bastano a rendere altrettanto certa, se si procederà in appello, la prescrizione. In tal caso resteranno solo le statuizioni civili.