Quando il procuratore Joshua Steinglass  ha concluso la sua arringa finale, rivolgendosi alla giuria ha detto: “Nell’interesse della giustizia e a nome del popolo dello stato di New York, vi chiedo di dichiarare l’imputato Donald Trump colpevole. Grazie”. Questa richiesta è arrivata sei ore dopo l’inizio dell’arringa, iniziata alle 14, dopo la pausa per il pranzo.

In questa giornata infinita, cominciata alle 8.30 del mattino in aula, ma con una fila di giornalisti più lunga del solito davanti al tribunale, che ha cominciato a formarsi verso le 3 del mattino per assicurarsi un posto al primo processo penale a un ex presidente, alla giuria è stata chiesto di rimanere oltre l’orario consueto, per non dividere in due giorni diversi le arringhe di difesa e accusa.

Le argomentazioni finali sono andate come si immaginava: l’accusa ha ricapitolato in sei ore un caso dettagliato per 5 settimane, mentre la difesa ha cercato di minare la credibilità del testimone chiave, Michael Cohen.

“Questo non è un processo a Michael Cohen, ma a Donald Trump”, ha detto il procuratore, dopo l’arringa finale dell’avvocato di Trump Todd Blanche.

Il centro di questo processo, ha detto il procuratore Steinglass, riguarda una “cospirazione e un insabbiamento”, riassumendo così la sua tesi principale, secondo la quale Trump, pagando 130.000 dollari alla pornostar Stormy Daniels per comprarne il silenzio riguardo una loro passata relazione, alterò l’esito delle elezioni 2016.

In mattinata, nella sua arringa, Blanche aveva sostenuto che a prendere la  decisione di pagare Daniels era stato, in totale autonomia, lo stesso Cohen, e lo aveva fatto senza dire niente a Trump, al fine di ottenere in seguito un tornaconto per aver fatto qualcosa “che lo aveva aiutato”. L’ignaro Trump, invece,  non era per nulla  preoccupato dalla storia che Daniels minacciava di raccontare alla  stampa, che era poco più  di un fastidio, “una delle tante storie stressanti che erano uscite durante la campagna del 2016 – ha detto Blanche – il signor Trump non ha mai pensato che potesse  costargli l’elezione”.

Todd Blanche, avvocato di Donald Trump
“Non si può condannare e mandare in  prigione qualcuno sulla base delle parole di Michael Cohen, il  più grande bugiardo di tutti i tempi, un uomo che ha rubato al presidente Trump,  la sua parola non vale niente”

Ed è su la totale estraneità del tycoon che si basa la linea di difesa, e sull’inattendibilità di Cohen. “Non si può condannare e mandare in  prigione qualcuno sulla base delle parole di Michael Cohen – ha concluso Blanche – che è il  più grande bugiardo di tutti i tempi, un uomo che ha rubato al presidente Trump,  la sua parola non vale niente”.

“Non abbiamo scelto Michael Cohen come nostro testimone – ha replicato nel pomeriggio  Steinglass – Non l’abbiamo preso al negozio dei testimoni. L’imputato ha scelto Michael Cohen come suo fixer perché era disposto a imbrogliare e a mentire per suo conto”.

Il procuratore si è mosso riconoscendo ai giurati che Cohen è il paradigma del testimone imperfetto: ha scontato anni di galera per aver mentito sotto giuramento, ha rubato decine di migliaia di dollari alla Trump Organization ed è “comprensibilmente arrabbiato per essere stato l’unico ad avere pagato un prezzo per il suo ruolo in questa cospirazione”.

Il procuratore di New York Joshua Steinglass
“Non abbiamo scelto Michael Cohen al negozio dei testimoni. L’imputato ha scelto Michael Cohen come suo fixer perché era disposto a imbrogliare e a mentire per suo conto”

Ma ciò non toglie che Trump sia colpevole, e che questo sia stato dimostrato non solo attraverso la deposizione di Cohen ma anche attraverso le molte prove presentate, che per l’accusa sarebbero sufficienti.

Ora, dopo circa 20 testimoni dell’accusa e 2 testimoni della difesa, il potere è tutto in mano alla giuria, come ha sottolineato il il giudice Juan Merchan entrando in aula: “Voi siete coloro che accertano i fatti, spetta a voi e a voi soltanto determinarli. Gli avvocati non sono testimoni” e ciò  che dicono non costituisce alcuna “prova”.

Trump si è sempre dichiarato non colpevole dei 34 reati di cui è accusato per aver falsificato documenti aziendali e ha negato la relazione con Daniels.

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Nel giorno delle arringhe l’ex presidente si è presentato in tribunale insieme a tutti i suoi figli, inclusa la reietta Tiffany, ma senza Ivanka, ormai “sostituita” dalla nuora Lara, ed ha ripetuto ancora una volta alla stampa che questo processo è “una caccia alle streghe, una interferenza elettorale” e che il giudice democratico “sta perseguitando l’avversario politico di Joe Biden perché lui non è in grado di farlo da solo”.

Fuori il tribunale una trentina di supporter particolarmente pittoreschi e agitati ha passato la giornata a gridare la propria solidarietà a Trumpe litigando a più riprese con un gruppo ancora più esiguo di oppositori.

I fischi più forti li hanno riservati a Robert De Niro, che ha tenuto una conferenza stampa davanti il tribunale.

L’attore è arrivato insieme a due agenti che hanno difeso il Campidoglio dall’assalto del 6 gennaio, e non ha parlato del dibattimento in corso ma ha attaccato Trump per il tentato golpe del 2021.

Robert De Niro
“Trump ha diretto i suoi scagnozzi perché facessero il lavoro sporco per lui. Se tornasse alla Casa Bianca potrete dire addio a quelle libertà che tutti diamo per scontate. E le elezioni? Dimenticatele. È finita, è fatta. Se ce la fa, posso dirvelo subito: non se ne andrà mai più”

“Ha diretto i suoi scagnozzi perché facessero il lavoro sporco per lui – ha detto De Niro incurante dei fischi dei manifestanti pro Trump – Se Trump tornasse alla Casa Bianca potrete dire addio a quelle libertà che tutti diamo per scontate. E le elezioni? Dimenticatele. È finita, è fatta. Se ce la fa, posso dirvelo subito: non se ne andrà mai più”.

Ora l’attesa è per il verdetto della giuria, che potrebbe essere emesso già questa settimana.