In pubblico minimizzava, ma Donald Trump sapeva da settimane, ben prima che il Covid-19 cominciasse a mietere vittime, che il virus era molto pericoloso. A rivelarlo è il giornalista Bob Woodward, nel suo nuovo libro Rage. E non sono parole scritte: ci sono diversi file audio che fanno parte della serie di interviste a Trump di Woodward.

Il 7 febbraio Trump ammetteva che «questa è roba mortale», mentre pochi giorni dopo avrebbe parlato di poco più che un raffreddore. Il 19 marzo aveva detto al giornalista che il virus attacca e uccide molti giovani, mentre in pubblico definiva i giovani «praticamente immuni», per spingere la riapertura dell’economia.

Trump ha ammesso di aver tenuto nascoste le sue conoscenze al pubblico: «Volevo sempre sminuire – ha detto a Woodward il 19 marzo – per non creare panico».

Le 18 interviste confluite in Rage sono state registrate con il permesso di Trump tra il 5 dicembre 2019 e il 21 luglio 2020. La Cnn ha ottenuto copie di alcuni file audio e li ha messi online scatenando uno tsunami. Un presidente che in pubblico definisce la situazione «sotto controllo» e in privato dice che il virus «passa attraverso l’aria, si prende respirando», non passa inosservato.

Eppure la giornata era cominciata bene per Trump, con la candidatura al Nobel per la pace proposta da Christian Tybring-Gjedde, parlamentare norvegese di estrema destra. Lo aveva già fatto nel 2018, altro anno elettorale, in vista del midterm, ma questa volta secondo il parlamentare norvegese Trump dovrebbe essere preso in considerazione seriamente per il lavoro svolto con l’accordo tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele, che dovrebbe essere firmato alla Casa Bianca il 15 settembre, sancendo la normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi.

Le centinaia di nomination al Nobel solitamente restano segrete, ma questa Tybring-Gjedde l’ha resa pubblica attraverso l’emittente televisiva preferita da Trump, Fox News, facendo anche un riferimento a Barack Obama, visto che all’ex presidente il Nobel per la pace era stato dato praticamente sulla fiducia quando era alla Casa Bianca da soli 9 mesi.

Guardando le scelte poi operate da Obama, dagli attacchi con i droni in Siria, ai bombardamenti contro Isis in Iraq, al fallimento di una politica di pace in Medio Oriente, la fiducia espressa dal Nobel è stata abbondante tradita.

Al contrario, dei risultati Trump è riuscito a portarli a casa, ma in pratica creando nuove pericolose dinamiche in conflitti che si protraggono da molto tempo. Nei prossimi giorni è in programma l’annuncio di ulteriori ritiri di truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan, ma a non fare di Trump un pacifista sono le motivazioni economiche e isolazioniste che fanno da propulsore alle sue azioni.

In questo accordo non vi sono tanto motivazioni politiche quanto economiche e di convenienza, visto l’interesse degli Emirati a utilizzare la tecnologia informatica israeliana e gli apporti sanitari per combattere la pandemia da coronavirus, mentre la rinuncia all’annessione della Cisgiordania da parte di Israele è temporanea. Per Trump il trattato è un successo personale a ridosso delle elezioni di novembre, con il quale punta a conquistare l’elettorato ebraico, cercando di rimediare alla perdita di consenso subita sul fronte dei cristiani evangelici che gli stanno voltando le spalle.