Oggi si vota in Portogallo per il rinnovo dell’Assembleia da República sciolta l’ottobre scorso in seguito alla bocciatura della legge di bilancio presentata dal governo socialista guidato da António Costa.

In questi mesi, settimana dopo settimana, la destra portoghese è riuscita a recuperare consensi. Venerdì scorso i sondaggi hanno decretato un sostanziale pareggio nel quale però il Partido Socialista (Ps) potrebbe mantenere ancora un leggero margine di vantaggio. La fine del sogno di una maggioranza assoluta (quando l’Orçamento è stato bocciato lo scorso ottobre il Ps raccoglieva il 39% dei consensi) ha determinato la necessità di ridefinire in tutta fretta le strategie di una campagna elettorale che si è rivelata non solo sbagliata ma anche controproducente.

E ALLORA COME PER MAGIA i toni sono cambiati. Si tace e si cerca di vedere se per caso non sia possibile recuperare un’intesa tra le forze progressiste. Certo tutto dipende dai risultati reali delle prossime elezioni. Ai portoghesi, sembrerebbero suggerire i sondaggi, le maggioranze assolute non piacciono, questo almeno a sinistra. O forse, molto più semplicemente, ai portoghesi, quelli di sinistra, indipendentemente dal partito che votano, andava bene questa strana alchimia che riuniva utopia e pragmatismo in un’unica coalizione. Se ne è dovuta rendere conto anche Catarina Martins leader del Bloco de Esquerda (Be), in forte emorragia di voti (dal 10% alle scorse legislative, il 7% a ottobre, il 5% ora), che forse impostare una campagna contro il Ps non era stata una buona idea.

 

DIVERSO IL DISCORSO per il Partido Comunista Português (Pcp) che, pur rischiando di perdere una fetta consistente di deputati (i sondaggi accreditano ai comunisti tra i 6 e i 12 deputati, il gruppo attuale è di 12), potrebbe mantenere lo stesso numero di elettori (6%).
Dati alla mano l’unica soluzione possibile rischia di essere una coalizione tra Ps (che potrebbe portare all’Assembleia tra i 92 e i 106 deputati) e il centro-destra del Partido Social Democrata (Psd), accreditato tra 87 e 101 deputati. La maggioranza assoluta è di 116, le forchette sono: destra tra i 100 e i 127 deputati e sinistra tra i 103 e i 132.

 

Il premier socialista uscente António Costa nelle strade di Lisbona (Ap)

 

Sullo sfondo una distinzione tra destra e sinistra che a queste latitudini appare essere ancora molto chiara, netta e cristallina. Questo indipendentemente dal modo in cui si interpreta l’essere di destra o di sinistra: populista, centro o estremo. Da una parte c’è chi difende lo stato sociale, l’aumento del salario minimo (900 euro entro il 2026) e i diritti del lavoro (in modo più o meno radicale). Dall’altra, a destra, si difende la cultura del “merito”, dell’individualismo, della privatizzazione, riduzione delle tasse e la libertà di scelta per scuola e salute. Anche qui in modo più o meno radicale. Tre i partiti nel campo conservatore: Psd dato intorno al 33%, Iniciativa Liberal (6%) e Chega (6%) .

UN DUBBIO RIGUARDA i populisti di destra. Per il momento non è ancora del tutto chiaro se il Psd vorrà coalizzarsi con il Chega, Rui Rio, il leader del Psd Si rinnova l’Assembleia da República. Secondo i sondaggi socialisti e Bloco de Esquerda in affanno, dopo una campagna controproducente. “Tengono” invece i comunisti. Sull’altro fronte non è chiaro se il Psd vorrà coalizzarsi con il partito populista Chega dice di no, ma non si può certo scommettere che il no non diventerà sì dopo le elezioni. Il Chega è un partito che si vuole popolare, si appella alla pancia di chi vive in periferia ma ha un programma economico che è fatto per favorire i ceti privilegiati. È il paradosso. Ma quando si riesce a spostare la campagna elettorale dal piano degli interessi sociali a quello dei valori morali i populisti si muovono molto più agevolmente. Si attaccano agli zingari, a chi non lavora e vive di sussidi, a chi si approfitta dello stato sociale pagato, chiaramente, da chi si spacca ogni giorno la schiena. Il tutto condito con un po’ di religione, famiglia e patriottismo.

 

Manifesto elettorale di Chega (Ap)

 

Così recita il nono punto della lista delle 100 misure da adottare se Chega andrà al governo: «Difesa inequivoca della famiglia come cellula originaria e fondamentale di tutta la struttura sociale portoghese». È un altro paradosso perché se si sta proprio a guardare in questi anni le cose per la famiglia sono state fatte dal governo Costa: aumento degli stipendi, investimento nella salute, negli asili e più in generale nei sussidi. Tutte politiche che verranno riviste se i paladini della famiglia andranno al governo, perché è difficile capire come sia possibile ridurre le tasse, flat tax al 15%, e aumentare i sussidi. E poi c’è la retorica degli ex-combattenti, quelli morti nella lunghissima guerra coloniale, abbandonati dalla patria, secondo il leader di Chega, André Ventura, dopo essere morti per l’onore della patria.

DOPOTUTTO ciò che davvero divide la destra al suo interno non è tanto il programma, ma il linguaggio. Certo Iniciativa Liberal è molto aperto ai diritti civili, il Psd non del tutto contro il welfare e Chega è nitidamente iper-sovranisa, ma al di là delle pur evidenti differenze, i tre partiti hanno molti punti in comune: privatizzazione, riduzione dell’intervento dello stato nell’economia e nell’istruzione, riduzione delle tasse e rafforzamento delle politiche di dumping fiscale.

Errata Corrige

Si rinnova l’Assembleia da República. Secondo i sondaggi socialisti e Bloco de Esquerda in affanno, dopo una campagna controproducente. “Tengono” invece i comunisti. Sull’altro fronte non è chiaro se il Psd vorrà coalizzarsi con il partito populista Chega