Si vota oggi in Portogallo per il rinnovo dell’Assembleia da Republica in quelle che si annunciano elezioni cruciali per il futuro del paese. Per capire quali saranno i risultati ci vorrebbe una sfera di cristallo. I sondaggi, in un contesto molto fluido faticano a delineare scenari coerenti, e infatti nel corso degli ultimi giorni non c’è stata grande sintonia tra i vari istituti demoscopici. Molto ruota intorno agli indecisi – che sono tanti – ed è difficile capire quale possa essere il loro comportamento.

IL CLIMA È QUELLO del disincanto e nel disincanto chi vince sempre è la destra qualunquista, che in Portogallo si chiama Chega, Basta. Il partito guidato da André Ventura dovrebbe riuscire a raddoppiare i propri voti passando da un 7% ottenuto nel 2022 al 16-17%. Il gruppo europeo di appartenenza di Chega è quello della Lega e di Marine Le Pen, Identità e Democrazia, però, contrariamente ad alcuni dei partiti di Id, Ventura non è sospettato di filo-putinismo e nel programma propone maggiori investimenti nelle armi (crescere fino al 2% del Pil per allinearsi ai limiti richiesti dalla Nato).

André Ventura con Marine Le Pen
André Ventura con Marine Le Pen

Nel programma di Chega, anche se non proprio tra i primi punti, c’è quello di riscrivere parte della costituzione, almeno in quei passaggi considerati troppo ideologicamente connotati a sinistra. E dopotutto per Chega la data da celebrare non è il giorno della rivoluzione dei Garofani, il 25 aprile, ma il 25 novembre del 1975 quando, in seguito a una sollevazione dei paracadutisti di estrema sinistra, tutta la parabola del Processo Revolucionario em Curso (Prec) si chiudeva definitivamente e la democrazia si stabilizzava su canoni decisamente più centristi.

Paradossi, se si tiene conto che il prossimo 25 aprile si celebreranno i 50 anni da quando i capitani dell’esercito decisero di marciare su Lisbona e porre fine contemporaneamente alla guerra coloniale e al regime fascista guidato da António Oliveira Salazar, prima, e da Marcelo Caetano, poi.

MOLTE LE INCOGNITE anche alla sinistra del partito socialista. Bloco de Esquerda (Be), Livre e il Partido Comunista Português (Pcp) potrebbero arrivare a un 12-15% dei voti. Ma se si guarda ai singoli partiti il Pcp, che alle prime elezioni democratiche del 1975 aveva conquistato 30 deputati e il 12% dei voti, ora rischia di essere espulso dal parlamento, oscillando nei sondaggi tra il 2% e il 5%. Il Bloco de Esquerda potrebbe mantenere il 5% del 2022, ma è ben lontano dal 10% ottenuto nel 2015. I socialisti che poco più di un anno fa avevano ottenuto il 42% dei voti e la maggioranza assoluta dei deputati, ora, sono precipitati al 27-30%.

La coalizione di centro-destra Aliança Democratica tra il Partido Social Democrata e il Cds Partido Popular potrebbe ottenere il 30%, forse il 35% circa, che sommato al 6% di Iniciativa Liberal forse potrebbero portare a una maggioranza assoluta.

Scenari futuri se ne sono fatti di ogni tipo in queste settimane, il centro-destra giura e spergiura che di alleanze con Ventura assolutamente non intende farne, ma queste linee rosse non sempre vengono rispettate. I numeri ad oggi ci dicono che tutta la destra incluso Chega somma il 58% dei consensi, quindi, nel caso di una maggioranza relativa dei conservatori che escludesse l’ala più estrema, le strade sarebbero essenzialmente due: un governo con i socialisti, assai improbabile, o un governo di minoranza.

SE I SONDAGGI non ci sanno dire chi vincerà, ci dicono però che questo disincanto colpisce soprattutto i giovani, indicati come particolarmente propensi a votare per la destra populista. Stiamo parlando di un settore della società che tra crisi economiche, pandemie e costi dell’abitazione trova nell’emigrazione l’unico modo per salvarsi da una condizione di vita disperante (sono circa 60-70 mila i giovani, più o meno qualificati, che ogni anno lasciano il paese).

E infatti i sondaggi ci dicono anche che i portoghesi, soprattutto nell’ultimo anno, guardano al futuro economico con molto più pessimismo del solito. Non potrebbe essere altrimenti. Nell’ultimo decennio l’indice di produttività è rimasto lì inchiodato ben al di sotto della media europea e grande parte della crescita – recuperando solo molto recentemente i livelli del 2008 – si è fatta intorno al turismo.