Ok, ora è ufficiale: in Portogallo la festa elettorale è finita e ora è necessario tornare alla realtà.

A fare suonare la sveglia è Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo che ammonisce Lisbona a sbrigarsi: il progetto di legge finanziaria dev’essere consegnato entro e non oltre il 15 di ottobre. Già, con le date non ci siamo, perché a livello teorico le consultazioni del capo dello Stato con i partiti dovrebbero cominciare proprio quel giorno, difficile quindi immaginare che tutti i tempi possano essere rispettati (delle due l’una: o si salvano le consultazioni o la data di consegna del bilancio 2016). Ci si potrebbe interrogare sul perché il presidente della Repubblica Aníbal Cavaco Silva, centrodestra, stesso partito del primo ministro Pedro Passos Coelho, abbia deciso di aspettare tanto a convocare le elezioni, ma tant’è, nonostante le scadenze fossero note, ora i tempi sono davvero stretti.

Il Fondo monetario internazionale ha già fatto sapere che senza ulteriori misure molto probabilmente il deficit supererà il 3%. Insomma, a onor del vero, della cosa si occupa Vitor Gaspar, ex ministro delle finanze nell’esecutivo di Passos Coelho tra il 2011 e il 2013, e ora direttore del dipartimento di questioni fiscali dell’Fmi, ma si sa queste sono le contraddizioni di un sistema nel quale le stesse figure sono quasi al contempo tecnici e ministri, controllati e controllori.

Cavaco Silva, per rimediare all’errore, cerca di accelerare, e, senza avere ancora consultato i partiti, chiede all’attuale premier di verificare la possibilità di formare rapidamente un governo «stabile» e «durevole» che magari, chissà, veda la partecipazione del Partido socialista (Ps).
Fino a qui è ordinaria amministrazione, un copione oramai visto tante volte: allontanare gli “estremi” e promuovere alleanze al “centro” tra formazioni responsabili in nome del supremo interesse nazionale. Se non fosse che l’ipotesi «governo delle sinistre» cominci a diventare qualche cosa di più di una semplice boutade. Jeronimo de Sousa, segretario generale del Partido comunista português (Pcp) lancia la sfida ad Antonio Costa, leader dei socialisti, e lo invita a discutere della cosa a viso aperto, senza porre condizioni. Costa accetta e l’altro ieri le due delegazioni si sono incontrate nella sede dei comunisti.

Una riunione che non si è conclusa né con una fumata bianca, c’era da aspettarselo, ma neppure con una fumata grigia e questa è una notizia bomba che sta dando molto di che discutere. Questo perché anche il Bloco de Esquerda (Be) si è mostrato disponibile ad avallare un esecutivo con il Ps. Molto probabilmente non se ne farà niente, le distanze sono grandi e le pressioni, sia a livello interno che internazionale, molto forti, ma va anche ricordato che tra Ps e Pcp questa è la prima volta che si intavola un negoziato di tale portata e questo appuntamento potrebbe rappresentare per il futuro un punto di partenza importante. E poi, quand’anche fosse impossibile trovare un accordo generale, non è detto che Ps, Be, e Pcp non possano trovare convergenze su singoli provvedimenti.

Il quadro è molto fluido ed è difficile prevedere cosa succederà nei prossimi mesi.

Paradossalmente tutta la politica portoghese ora ruota intorno allo sconfitto Partito socialista, vero ago della bilancia per qualsiasi soluzione. La minoranza del Ps vorrebbe la testa di Costa, una parte preferirebbe mediare con le destre e pochi, a quanto pare, sono pronti al grande passo di quello che si può davvero definire come un compromesso storico.

Questa mattina alle nove si incontreranno Passos Coelho e Costa. L’ipotesi più probabile dovrebbe essere quella del governo di minoranza a guida centro-destra che approvi in tempi rapidi la legge finanziaria, grazie all’astensione del Ps, e poi navighi a vista per un po’ fino a che il nuovo presidente della Repubblica, che dovrebbe essere eletto a gennaio, riacquisisca la facoltà di sciogliere il parlamento.