Succede che, di fronte a una decisione impopolare presa da tempo, si arrivi a negare sé stessi e a dare la colpa ad altri. In questo caso a Bruxelles. Capita in Piemonte dove si è venuto a creare un cortocircuito tra esponenti della stessa coalizione sulle limitazioni della circolazione per i veicoli diesel Euro 5, che per 76 comuni dovrebbero partire dal 15 settembre. Uno stop frutto di una deliberazione della stessa giunta regionale di centrodestra, guidata da Alberto Cirio, in data 26 febbraio 2021.

A POCHI GIORNI dall’entrata in vigore è esplosa la polemica con il ministro ai Trasporti Matteo Salvini che ha descritto il provvedimento come «l’ennesima forzatura di Bruxelles», una «scelta ideologica e dannosa che colpirà duramente famiglie e imprese senza significativi benefici per l’ambiente».

La misura – ora messa in discussione dal governo ma anche dalla stessa giunta piemontese al lavoro insieme per «scongiurarla» – era maturata dopo la condanna del novembre 2020 da parte della Corte Ue all’Italia per violazione della direttiva sulla qualità dell’aria, ma era stata presa autonomamente dalla Regione Piemonte, anche in seguito all’inchiesta aperta dalla Procura di Torino – avviata dall’esposto del comitato Torino Respira – a carico di amministratori locali e regionali sulla gestione dell’inquinamento atmosferico. Al proposito, si va verso il processo per inquinamento ambientale colposo per l’ex governatore Sergio Chiamparino e i sindaci di Torino Piero Fassino e Chiara Appendino.

La questione dello smog è un tema all’ordine del giorno in Piemonte e soprattutto a Torino (maglia nera per sforamenti di polveri sottili), una questione grave e per troppo tempo rimandata. Rispetto alla discussa misura, l’aspetto più delicato è che possa pesare sui cittadini economicamente più deboli: «Perché la Regione in tutto questo tempo non ha varato misure adeguate ad accompagnare questo provvedimento?», si domanda Silvana Accossato, capogruppo di Liberi e Uguali in consiglio regionale.

«Con il dibattito sullo stop ai veicoli diesel Euro 5 sta emergendo – aggiunge Accossato – tutta l’incapacità della destra di governare, incapacità che, mescolata al negazionismo di Salvini e alla paura dei componenti della maggioranza in Regione di finire indagati, crea una miscela esplosiva».

IERI, SI È SVOLTA una prima riunione tecnica tra esponenti del governo e della Regione Piemonte per rivalutare la disposizione. L’ipotesi al vaglio è uno slittamento di due anni del provvedimento. Nella nota congiunta si legge: «Fare il punto sui risultati conseguiti nella tutela della qualità dell’aria dalle misure fino a oggi implementate concretamente dalle amministrazioni nazionali e locali e, in questa prospettiva, rivalutare la misura della Regione Piemonte per lo stop ai veicoli diesel euro 5 dal prossimo 15 settembre e lavorare a una serie di soluzioni normative per aggiornare l’impegno del governo italiano per tutelare l’ambiente».

Sul tavolo la Regione Piemonte ha messo due obiettivi raggiunti: la rottamazione negli ultimi due anni di 704 autobus inquinanti e la «notevole riduzione» della quota di emissioni «grazie agli interventi del bonus 110 per cento». La Regione Piemonte, secondo il presidente Alberto Cirio e l’assessore all’Ambiente Matteo Marnati «si è trovata costretta ad attuare una scelta figlia di una procedura di infrazione europea, però il governo italiano nel consiglio dei ministri di lunedì scorso ha aperto alla possibilità di rivalutare le misure messe in campo e di procedere a un’analisi tecnica che prenda in considerazione l’impatto effettivo misure alternative al blocco dei veicoli diesel Euro 5».

Per la cronaca, il blocco parziale per le auto diesel euro 5 era in programma da tempo, rientrando in un accordo del 2017 tra le regioni del bacino padano per il miglioramento della qualità d’aria. La data prevista era il primo ottobre 2025, il Piemonte aveva deciso di anticipare la data. «Si tratta dunque di una scelta autonoma dell’amministrazione regionale e non di un diktat europeo», dice Legambiente Piemonte-Valle d’Aosta che invita a proseguire «senza indugio in tal direzione e nell’implementazione delle altre misure previste nel piano presentato nel 2021», perché «a essere in pericolo non è solo la salute pubblica, ma anche la credibilità delle nostre istituzioni».